la “Pastissada de caval” I Piatti della tradizione Se te vol farte un regal/ un regal a la Cangrande,/ compra carne de caval/ e po’ dopo pensa in grande”, suggerisce in versi a rima alternata Giorgio Gioco, cuoco, poeta, artista veronese. La pastissada è poesia, è mito. Con bollito e pearà, gnocchi, pasta e fagioli, risotto all’isolana, tortellini di Valeggio e pandoro, è uno dei classici della cucina veronese. La pastissada ha tutto per piacere: sapore, storia, colore, vita, cultura. Come la pearà e altri piatti popolari italiani - tortellino di Bologna, risotto alla milanese, maccheroni al ragù napoletani, arancini siciliani - ha la sua bella leggenda alle spalle che la fa nascere nel 489 dopo Cristo, in epoca ostrogota. Erano tempi davvero bui. Finito l’impero romano i barbari si scannavano tra loro per dividersene le spoglie. Dopo una cruentissima battaglia combattuta fuori le mura di Verona tra gli Eruli di Odoacre e i goti di Teodorico, il popolo veronese stremato dalla fame chiese al goto vincitore il permesso di tagliare e portarsi a casa la carne delle centinaia di cavalli rimasti uccisi. Teodorico lo concesse. La carne equina, macerata a lungo in spezie, cipolle e vino della vicina Valpolicella per nascondere la puzzetta di marcio, lasciata stufare per ore su un fuoco basso, si rivelò una delizia. Nacque così la pastissada de caval. Fin qui la leggenda. Secondo lo storico Andrea Brugnoli, autore del pregevolissimo libro Verona illustrata a tavola, la pastissada fu concepita e perfezionata come la conosciamo adesso nell’800, quando la città, roccaforte degli Austriaci prima e dei Savoia poi, contava un’altissima popolazione equina - cavalli e muli - usata per scopo militari. Scrive Brugnoli che il prezzo irrisorio e le preparazioni che nascondevano l’origine della carne favoriscono la diffusione di questa sulle mense del popolo che superò i preconcetti verso la carne equina ammorbidendone la polpa con una lentissima cottura con erbe, spezie e vino. LA PASTISSADA DE CAVAL DI GIORGIO GIOCO 1 kg di polpa di girello di cavallo 1 l di amarone 2 gambe di sedano bianco tritato 2 carote 800 g di cipolle chiodi di garofano e coriandolo q.b. 1 foglia di alloro 1 spicchio d’aglio 80 g di lardo macinato 50 g di olio di oliva sale e pepe q.b. 40 g di farina 40 g di burro peperoncino q.b. Ingredienti per 4 persone: Lardellate la carne di cavallo, salate, pepate e macerate per tre giorni nell’Amarone in una casseruola con le verdure tagliate a pezzi e gli odori. Tolta dalla marinata, passatela nella farina e rosolatela a fuoco vivo con l’olio, il burro e l’aglio. Lo stesso fate con le verdure della macerazione. Cuocete tutto nel vino, lentamente. Quando la carne è stracotta e si scioglie in bocca, toglietela dalla casseruola, passate il sugo ristretto al setaccio, versatelo bollente sulle fette di carne tagliate spesse e servite. Procedimento: Giorgio Gioco suggerisce, come alternativa all’Amarone, per chi teme che la forza di questo vino intorpidisca la polpa del cavallo, di usare il Valpolicella Classico. Raccomanda altresì di cuocere a fuoco basso e a lungo: “par ‘na pastissàda fi na / sinque ore de cusina”. Infi ne sollecita di servire il piatto con polenta appena cotta: “la polenta moscardina/ che la ronfa in la ramina”. “Abbinate con lo stesso vino usato per preparare la pastissada: protagonista in pentola, prim’attore nel calice. Sarà una cena da applausi”. E se dopo averne mangiata e rimangiata ne avanza, la pastissada diventa un armonioso condimento sugli gnocchi.