il “Bacala'” I Prodotti della tradizione A Vicenza il bacalà non è solo un cibo. Bacalà con una sola “c”, mi raccomando, altrimenti è tutta un’altra cosa. Il bacalà a la visentina è un’aristotelica categoria dell’essere: la sostanza, la qualità, il dove, il quando. È storia e geografi a. Scienza e arte della tavola. È architettura. "Le ville palladiane occhieggianti dai Colli Berici - scrive Dino Coltro - sussurrano i misteri di una vita ormai sopita. Restano a testimoniarli altri ricordi architettonici e una cucina dal sapore forte e corposo: il bacalà a la visentina, la paeta con la malgaragna, il capon a la canevèra...". Il bacalà non è una pietanza, è un mito. Il modenese Paolo Monelli, ghiottone errante tra l’Adige e il Piave, racconta la "trasfigurazione del triste pesce boreale che si nutre di ghiaccio da pesce bastone, il duro e rigido stock fisch scandinavo, a cibo tenero degno di dare scaccomatto a tutte le piatanze". Giuseppe Maffi oli gli fa eco: "Giunto da noi stopposo e legnoso diventa uno dei piatti più succulenti". A cospetto del baccalà anche il vocabolario ittico subisce una mutazione: usa una metonimia, il prodotto finito invece della materia prima. Uscito dalle glaciali acque del Mar di Norvegia e importato in Italia in barili sotto sale, ci si dimentica che è un merluzzo perché prende il nome dal piatto: baccalà. I vicentini confondono ancor più le acque: quello che chiamano bacalà è in realtà lo stoccafisso. Fu il patrizio veneziano Pietro Querini, mercante, armatore e navigatore, a scoprire nel 1431 lo stoccafisso in seguito al naufragio della sua caracca da trasporto, colta da una tempesta dopo lo stretto di Gibilterra. Querini e una dozzina di marinai approdarono su una scialuppa su un isolotto posto, così scrive il capitan da mar nel suo diario, in culo mundi. Era l’isola di Røst, nelle Lofoten, dove Querini e gli altri superstiti furono accolti dai pescatori e rifocillati con lo stoccafisso. Il mercante ricambiò facendo conoscere in patria quei prodigiosi pesci bastone dando il via all’importazione e dettando la ricetta delle gagliarde massaie vichinghe: "Quando vogliono mangiare i stocfisi li battono col rovescio della mannara che gli fa diventar sfilati come nervi poi compongono butiro e specie per darli sapore". Contribuirono alla diffusione e alla popolarità del bacalà i padri conciliari di Trento che alla metà del ‘500 impartirono precise disposizioni sull’astinenza dalle carni: tutti i mercoledì, i venerdì e nei 40 giorni della Quaresima si doveva mangiare di magro. I frati cappuccini divennero insuperabili maestri nella preparazione del bacalà anche se finirono per scantonare dalle disposizioni conciliari usando latte vaccino e burro. RICETTA DELLA VENERABILE CONFRATERNITA DEL BACALÀ ALLA VICENTINA 1 kg di stoccafisso secco 250/300 g di cipolle 1/2 litro di olio d’oliva extravergine 3 sarde sotto sale ½ l di latte fresco farina bianca q.b. 50 g di formaggio grana grattugiato un ciuffo di prezzemolo tritato sale e pepe q.b. Ingredienti per 12 persone: Ammollate lo stoccafisso, già ben battuto, in acqua fredda, cambiandola ogni 4 ore, per 2-3 giorni. Preparazione: Aprite il pesce per il lungo, togliete la lisca e tutte le spine. Tagliatelo a pezzi. Affettate finemente le cipolle; rosolatele in un tegamino con un bicchiere d’olio, aggiungete le sarde sotto sale e tagliate a pezzetti, per ultimo, a fuoco spento, unite il prezzemolo tritato. Infarinate i vari pezzi di stoccafisso, irrorateli con il soffritto preparato, poi disponeteli uno accanto all’altro, in un tegame di cotto o alluminio oppure in una pirofila sul cui fondo si sarà versata, prima, qualche cucchiaiata di soffritto. Ricoprite il pesce con il resto del soffritto, aggiungendo anche il latte, il grana grattugiato, il sale, il pepe. Unite l’olio fino a ricoprire tutti i pezzi, livellandoli. Cuocete a fuoco molto dolce per circa 4 ore e mezzo, muovendo ogni tanto il recipiente in senso rotatorio, senza mai mescolare. Questa fase di cottura, in termine vicentino si chiama “pipare”. Il bacalà alla vicentina è ottimo anche dopo un riposo di 12/24 ore. Servitelo con polenta.