NUOVO CORSO A LA VIARTE Parole d'ordine: qualità e territorio di , foto di (pag 17) Francesco Antonini Andrea Pugiotto Saliamo in cima a uno dei vigneti più vocati dei Colli orientali in una tersa mattinata invernale, talmente tiepida che sembra già aprile. Del resto La Viarte in lingua friulana significa primavera, un nome e una garanzia da più di quarant’anni a Prepotto. In senso enologico e forse anche meteorologico se è vero che qui il sole e l’acqua necessari alla vite non sono mai mancati, al punto da rendere superflua l’irrigazione di soccorso anche nelle annate più siccitose. L’obiettivo è conoscere da vicino la nuova proprietà che ha rilevato l’azienda di Alberto Piovan. E quindi cercare di capire perché la famiglia veneta Polegato abbia abbandonato la strada in discesa del Prosecco – leggi Astoria, uno dei marchi di riferimento della docg Valdobbiadene – per abbracciare i tornanti del Friuli del vino, dove a ogni curva c’è un vitigno diverso da accudire e non più solo la Glera. E dove ci si aspetta sempre, , un prodotto di eccellenza. Che si tratti di friulano, sauvignon, chardonnay, schioppettino o pignolo. noblesse oblige “Beh, noi i vini bianchi li abbiamo nel dna”, ci risponde con semplicità Riccardo Polegato, classe 1996, il figlio del capostipite Giorgio, che alla Viarte ha assunto l’incarico di amministratore delegato e ha trovato casa, dal momento che ha scelto di vivere all’interno del complesso aziendale. Lo ha fatto per immergersi “al cento per cento in questo territorio” ed è già una prima risposta al nostro punto di domanda, quasi un innamoramento – lui usa proprio questa espressione – o se preferite una vocazione. “Io in Friuli ero già venuto molte volte – racconta il titolare –, è una terra che mi ha sempre affascinato. Ho avuto tra l’altro un’accoglienza bellissima dagli altri produttori e dal consorzio, che hanno cercato subito di farmi respirare questi posti”. Sgombriamo dunque subito il campo dall’immagine del forestiero “invasore”. E anche da quella del ricco imprenditore veneto che vuole imporre al Friuli il suo modello manageriale. Perché il giovane Polegato – che ha solo 28 anni ma vanta già una lunga esperienza sul campo, a contatto con il mondo del vino fin dalla prima vendemmia da adolescente – mette subito in chiaro che la nuova gestione si muoverà sulla scia della precedente. Con tre obiettivi talmente chiari da diventare ripetitivi: qualità, qualità e ancora qualità. “Noi cercavamo proprio quella caratteristica – racconta Riccardo quando gli chiediamo della scelta di famiglia di rimettersi in gioco nel mondo del vino -, una piccola realtà che avesse la qualità nel suo core business, e la Viarte corrispondeva perfettamente a questo profilo”. Va letta con questa lente di ingrandimento la decisione di confermare la fiducia all’enologo Gianni Menotti, che seguiva La Viarte già da diversi anni, “al quale abbiamo spiegato il nostro progetto: mantenere la linea attuale e casomai alzare ancora l’asticella”, con una politica dei prezzi che punterà di conseguenza a una fascia superiore. Gli investimenti operati dalla nuova proprietà nel primo anno di gestione, dalle due nuove presse agli accorgimenti tecnologici, si muovono in quella direzione. Mentre il restyling delle etichette rientra in una strategia di marketing e packaging frutto della lunga esperienza veneta, con l’obiettivo di dare “una marcia in più” ai vini della Viarte sul piano commerciale, che è il terreno di gioco di Giorgia Polegato, anche grazie agli ottanta agenti disseminati in tutt’Italia, mentre l’altra sorella Luana si occupa di contabilità. E il papà Giorgio si è ritagliato il ruolo di consigliere e accompagnatore dei figli, dall’alto della sua lunga esperienza. Dunque la nuova gestione non farà rima con rivoluzione e continueremo a trovare in ristoranti ed enoteche – il circuito Horeca resta la scelta preferenziale e non ci sono tentazioni di grande distribuzione – le due classiche linee La Viarte, compresa la gamma top Liende. Ma questo non significa che si rinunci a sperimentare e innovare, e uno dei primi esempi è lo Schioppettino rosé che è stato presentato quest’anno al Vinitaly, grazie “a una pianta vigorosa che consente di ottenere le gradazioni giuste, e garantisce freschezza e acidità come nei vini della Provenza”. Grande attenzione verrà dedicata anche al cosiddetto sbicchieramento, il servizio al bicchiere in bar e ristoranti, per il quale è stata creata una linea specifica con ribolla e refosco.