VISIONI & SENSAZIONI Non trasformiamo il vino in Matrix di , foto di Matteo Bellotto Ales Maze · Unsplash Sono passati già venticinque anni da quando le sale cinematografiche hanno accolto la proiezione del capolavoro dei fratelli Wachowski The Matrix, in cui il protagonista Neo si destreggia in una realtà distopica dove il mondo reale e quello rappresentato sono in lotta tra loro. Verità e rappresentazione. Al di là di tutte le implicazioni filosofiche del film, vediamo come alcuni degli spunti dell’opera cinematografica possano fare al caso nostro quando vengono applicati alla degustazione. I sommelier, o comunque gli appassionati di vino, coloro che si soffermano sui particolari, i territori, che partecipano agli eventi e studiano le carte dei vini al ristorante, rischiano di ritrovarsi a vivere in Matrix. Un mondo ideale in cui ognuno è convinto di aver scoperto la realtà vera, nascosta dietro un velo di Maya che il resto del mondo non vede, depositari di una verità che rischia di diventare assoluta in un linguaggio capace solo di ripetersi, spesso senza dire veramente qualcosa. Una degustazione non deve trasformarsi in un’autopsia. È un rischio gentile quello del linguaggio, che dovrebbe fungere da chiave e non da serratura per un’appassionata e coerente possibilità di divulgazione e avvicinamento. Decostruire le sensazioni significa spesso fare la parafrasi delle emozioni. Ve lo ricordate, nei primi anni di scuola, quando si faceva la parafrasi alle poesie? Il risultato, spesso, era quello di allontanare quasi tutti dalla vera essenza della poesia stessa. La poesia non spiega niente, costruisce le parole con le quali mettiamo in piedi il mondo. La poesia è una lente per farci guardare dove non vediamo e per spiegarci meglio ciò che non capiamo, ciò che ci circonda e che si deposita nella nostra profondità. Quante volte avete sentito definire il vino “la poesia della terra”? Ebbene, forse allora approcciarci a lui significa non cedere alla tentazione di guardare dietro le quinte. I sommelier rischiano di non ritrovarsi nella sala cinematografica a godersi il film con tutti, ma sul set a vederlo costruire pezzo per pezzo, perdendo la visione d’insieme. Così nascono le mode: “bevo solo vini naturali”, “non mi piacciono le barrique”, “bevo solo vini verticali” e avanti. Eppure, chi inizia a studiare questa materia, investendo tempo, serate e risorse, lo fa attratto da una poesia che gli ha detto qualcosa con parole che ancora non conosce. Studiare il vino non significa decostruirlo, ma dovrebbe essere un viaggio profondo per cercare la voce di una terra che esso trasporta quando resta poesia. Il futuro del vino è nelle nicchie, nelle stagioni diverse, nelle vendemmie raccontate sorso a sorso, e non nell’industria che lo riduce a mera parafrasi. Lasciarsi trasportare oltre le parole che crediamo di conoscere, ascoltando magari chi non le conosce affatto, è un fenomenale punto di arricchimento, un modo straordinario di uscire dalla camera oscura e tornare alla luce per intraprendere il cammino verso la verità che ogni emozione ci pone davanti. Il vino rende vivi i momenti, accompagna i piatti, risuona nei nostri esempi, ci fa vibrare e ci insegna come la nostra sensibilità possa essere giorno per giorno accresciuta e allenata fino ad arrivare a non farci dire niente. Avete mai provato la sensazione che regala un grande vino? Io sì, e ogni volta che il mio corpo lo ha potuto accogliere c’era solo una cosa che mi veniva da dire: niente. Solo abbandono. Le evoluzioni, i movimenti, i segnali elettrici e chimici che fanno partire le sensazioni diventano una danza, uno spettacolo e l’unica cosa da fare è godere dello spettacolo senza raccontare il finale a nessuno e accogliendo le nostre emozioni così come quelle altrui. Il sommelier, in questo modo, non racconterà cosa c’è oltre la tana del bianconiglio ma indicherà la strada agli altri per poter raggiungere il paese delle meraviglie, permettendo a tutti di godere della stessa poesia con diversa intensità. Allora, solo allora, si potrà intraprendere il viaggio nelle profondità della terra, della geologia e dei suoli che sono depositari della poesia che nasce rendendo ogni vino unico e di conseguenza incapace di generare concorrenza e avulso dalle logiche di globalizzazione. In Matrix, alla fine, lo scontro tra le realtà si risolve con l’accettazione e fintanto che ogni sommelier accetterà il proprio ruolo non ci sarà alcun pulpito dal quale parlare, ma tavole imbandite, amicizia, sorrisi e vini memorabili.