Se il vino non è riuscito a sostare abbastanza tempo al freddo, a una temperatura sotto 0° C, si possono verificare instabilità, che possono portare a un deposito sul fondo della bottiglia in forma di cristalli. Si tratta di sali di bitartrato di potassio, quindi formati dal legame tra l’acido tartarico e il potassio naturalmente presenti nel vino. È possibile raggiungere una stabilità di questi composti grazie a una sosta prolungata al freddo oppure mediante un abbattimento rapido delle temperature. In alternativa è anche possibile l’impiego di prodotti enologici come la carbossimetilcellulosa (CMC), il poliaspartato di potassio e le mannoproteine, utilizzati come additivi in grado d’impedire la formazione dei cristalli.
I vini che effettuano maturazioni lunghe, e soprattutto in contenitori porosi, riescono ad arrivare attraverso processi naturali a eccellenti livelli di stabilità. In questo caso le pratiche di chiarifica sono superflue, ma possono comunque essere utilizzate per levigare le eventuali durezze e migliorare la limpidezza del vino.
Il prolungato contatto con le fecce di lievito e i bâtonnage favoriscono una cessione delle mannoproteine contenute nelle pareti cellulari del lievito. Queste sostanze sono in grado di portare a una stabilizzazione del vino, quindi di legarsi con i cristalli di tartrato ed evitare che si formino depositi in bottiglia.
Per evitare intorbidamenti, precipitazioni o rischi di rifermentazione è possibile eseguire la filtrazione. Questa tecnica consiste nella separazione, attraverso mezzi porosi, di molte sostanze che si possono trovare in sospensione nel vino. In base all’effetto filtrante, i filtri si distinguono in sgrossanti (eliminano le particelle più grossolane), brillantanti (separano particelle di dimensioni più piccole) e sterilizzanti (trattengono addirittura i microrganismi). Sono impiegabili filtri a farina fossile, filtri a cartoni, filtri a cartucce, filtri tangenziali. Molte sono le tipologie a disposizione delle lavorazioni di cantina, l’enologo ha quindi la possibilità di valutare lo strumento migliore per il risultato atteso.
In caso di vini non filtrati i possibili depositi che si possono trovare in bottiglia non generano alterazioni organolettiche e non ne compromettono la qualità. Si possono osservare alterazioni organolettiche negative se s’innescano fermentazioni di lieviti o batteri indesiderati. Il vino in questo caso si presenta torbido con sedimenti sul fondo della bottiglia e con la presenza di una leggera bollicina.
Per eliminare il rischio di alterazioni microbiologiche nel vino, si può ricorrere alla pastorizzazione. Questo processo, tramite un trattamento termico, permette d’inattivare enzimi e distruggere i microrganismi. L’utilizzo di questa tecnica è marginale, perché può influenzare il profilo organolettico del vino. Si può ancora vederne l’applicazione per produzioni industriali o per alcuni casi di controllo dei vini dolci.
Le pratiche più comuni per la gestione di questi rischi rimangono il corretto utilizzo di anidride solforosa e l’impiego di filtri ad azione sterilizzante.