La nascita dei vini spumanti è una felice e antichissima casualità, che si fa risalire a un’epoca ancestrale di difficilissima datazione. Tuttavia, la ricerca sulle origini di questi vini è progredita a partire dal Diciassettesimo secolo, per merito di scienziati e naturalisti illuminati, fino a essere tradotta in metodo produttivo intorno alla metà dell’Ottocento.
L’immaginario collettivo, in una rivisitazione moderna del mito classico, ha individuato nel monaco Dom Pierre Perignon la figura chiave per la sistematizzazione del metodo produttivo e nella Champagne la culla di origine. In realtà la storia offre tracce di vini caratterizzati dall’effervescenza già nei Salmi della Bibbia, così come nei poemi omerici, nell’Eneide virgiliana e nella letteratura latina in senso più ampio.
È in Italia che Andrea Bacci, medico, filosofo e scrittore marchigiano, nel De vinorum historia de vini Italiae, datato 1596, s’interroga sull’origine e lo sviluppo delle bollicine nel vino. Alla scuola marchigiana appartiene anche Francesco Scacchi, medico nato a Previ (Norcia) ma fabrianese di adozione, che nel 1622, quasi cinquant’anni prima che Dom Perignon faccia la sua comparsa sulla scena, all’interno del suo De salubri potu dissertatio formula un’ipotesi di metodo produttivo dello spumante ancora oggi ritenuta valida ed efficace. Nel frattempo in Inghilterra il fisico Christopher Merret analizzava gli effetti dell’aggiunta di zucchero e melassa al vino, gettando le basi primordiali dell’odierna liqueur de tirage. Il Sedicesimo e Diciassettesimo secolo sono anche noti per un repentino cambiamento climatico nel Nord Europa, in primis in Champagne, con inverni contraddistinti da un irrigidimento termico sostanziale che non permetteva al vino di svolgere tutta la fermentazione alcolica, lasciando all’interno un residuo di zuccheri che, nella primavera successiva alla vendemmia, rifermentava dando luogo alla formazione di bollicine.