In origine, la vite era riprodotta per seme (vinacciolo), ottenuto dalla riproduzione sessuata, pratica che ha permesso di moltiplicare nel tempo il numero delle varietà: essendo frutto di un incrocio naturale, la nuova pianta ottenuta dal seme ha caratteristiche che possono essere anche molto diverse dalla pianta madre. Una volta selezionata una varietà che ha le caratteristiche cercate, per mantenerle nel tempo non si può più fare ricorso alla riproduzione sessuata, ma alla propagazione vegetativa, utilizzata fino all’arrivo della fillossera. Le tecniche usate per questo tipo di moltiplicazione sono la talea, la margotta e la propaggine. Dopo l’arrivo dell’insetto dal Nord America, la moltiplicazione deve per forza avvenire per innesto.
Per talea s’intende un pezzo di tralcio di un anno dotato di almeno 2 gemme; piantato in verticale nel terreno, emette le radici dalla parte inferiore e un germoglio da quella superiore.
L’innesto è dato invece dall’unione di due pezzi di tralcio, di cui uno deriva dalle specie resistenti alla fillossera e l’altro, dotato almeno di una gemma, da una varietà europea.
La tecnica per talea dà origine a viti dette “a piede franco”, il cui prodotto, avendo la pianta un apparato radicale diverso, ha caratteristiche qualitative differenti da quello ottenuto innestando la stessa varietà su piede americano; questa tecnica trova però un grande limite nella scarsa resistenza della vite europea alla fillossera, per cui è stata abbandonata a favore dell’innesto. Per questo motivo, tranne pochissime eccezioni in suoli esenti dalla fillossera, le giovani viti che oggi si utilizzano per i nuovi impianti sono per lo più costituite da una varietà di vite europea innestata su piede (portainnesto) di origine americana o su ibridi euroamericani, in ogni caso resistenti alla fillossera. L’Italia è un grande produttore di legno per talee e di barbatelle, che esporta in tutto il mondo.
Le modalità di produzione delle viti innestate sono due. La prima, la più usata nelle regioni a inverno freddo, come quelle centro-settentrionali italiane, consiste nell’innesto a doppio spacco inglese o a omega, realizzato al tavolo, per preparare un nuovo individuo, la barbatella, che passerà un anno di sviluppo in vivaio e sarà pronta per l’impianto a partire dall’inverno successivo all’innesto. La pianta che verrà messa in campo è quindi costituita da due parti (bimembre): quella fuori terra, che porterà frutto, è una marza della varietà scelta e l’altra, quella nel terreno, il portainnesto.
La seconda tecnica, utilizzata nelle regioni viticole più calde, come quelle meridionali italiane e le isole, prevede l’impianto di portainnesti americani, che al secondo anno saranno innestati direttamente in campo con innesto a spacco o a gemma. L’innesto a spacco è in genere effettuato in inverno, con la pianta in riposo vegetativo, mentre quello a gemma può essere realizzato nel vigneto in gennaio-febbraio o a giugno.