Terminata la rifermentazione e la sosta, lo spumante dev’essere filtrato per eliminare le fecce residue; viene spostato in una seconda autoclave in condizioni di sovrappressione per conservare l’anidride carbonica e refrigerato per eliminare eventuali cristalli di tartrato, separati con un’ulteriore filtrazione isobarica. Confezionamento e habillage sono sovrapponibili a quelli utilizzati per il metodo classico, ma il riempimento delle bottiglie deve avvenire sotto pressione.

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Federico Martinotti può essere a ragione considerato uno dei padri dell’Asti DOCG: i suoi studi di altissimo profilo applicati in primis all’enologia astigiana e piemontese hanno dato forte impulso tecnico e qualitativo alla produzione di spumanti dolci che utilizzano come uva base il moscato bianco, la cui coltivazione negli anni Trenta del secolo scorso rappresentava un’attività fiorente, fonte di occupazione e benessere: vinificare l’Asti spumante con il metodo Martinotti, utilizzando la rifermentazione in autoclave, permetteva una moderna e più diffusa produzione e commercializzazione del vino. II 17 dicembre del 1932, nel palazzo municipale di Asti, per volere di alcune maison storiche e di un gruppo di vignaioli, nasceva il Consorzio per la Difesa dei Vini Tipici Moscato d’Asti Spumante e Asti Spumante, prima denominazione dell’ente che diventerà Consorzio per la Tutela dell’Asti DOCG e del Moscato d’Asti DOCG, uno dei primi enti enologici di tutela in Italia, che sarà riconosciuto dallo Stato due anni dopo, nel 1934.