I VINI SPECIALI

I VINI PASSITI

L’appassimento delle uve ha un’origine millenaria e se ne trovano tracce e testimonianze nei numerosi territori del bacino mediterraneo. Già i poemi omerici citano la terra di Pramnos, in Icaria, a proposito di vini dolci e profumati, ottenuti da uve appassite al sole. Essi venivano utilizzati per finalità curative e come dono di ospitalità, come dimostra il canto dell’Odissea in cui la maga Circe ne offre in abbondanza alla brigata di Ulisse, oppure il caso di Ecaméde, figlia di Arsinoo, che nell’Iliade li fa servire per dissetare gli ospiti.
Escludendo le suggestioni letterarie, Fenici e Greci prima, Etruschi, Egizi e Romani poi compresero che era necessario che i vini fossero resi stabili e conservabili per resistere alle lunghe spedizioni sia di terra sia di mare e per lasciarli inalterati in assenza di refrigerazione.
Da un punto di vista biochimico, la disidratazione inibisce alcuni processi di deterioramento dei tessuti e concentra tutte le sostanze contenute nell’acino; per questo lo stratagemma vincente fu quello di far appassire le uve al sole prima della vinificazione, concentrando lo zucchero e producendo vini che, consumati dopo una parziale diluizione, riscossero immediato successo durante banchetti, feste e rituali religiosi.
Venivano adottate tecniche che favorivano l’appassimento naturale sulla pianta, come, per esempio, la torsione del peduncolo. In altri casi il tralcio veniva tagliato poco prima della vendemmia. In seguito si diffuse l’abitudine di stendere grappoli e acini al sole su stuoie o pietre vulcaniche, laddove le condizioni climatiche e meteorologiche lo consentivano, o quella di disporli e appenderli in mansarde e sottotetti allo scopo di permettere l’appassimento e, contemporaneamente, di proteggere la produzione da precipitazioni e agenti atmosferici indesiderati.