VENDEMMIA TARDIVA

Con la dicitura vendemmia tardiva, vendange tardive o late harvest, si indica una prassi enologica secondo la quale le uve vengono raccolte molto più tardi rispetto all’epoca di maturazione standard. Questa tecnica viene utilizzata per produrre vini dolci a partire da uve in cui gli zuccheri naturali, specie il fruttosio, sono abbondanti e gli aromi presenti in quantità rilevante. L’acidità bilancia l’equilibrio gustativo e, perché si ottengano i risultati desiderati, è necessario che le condizioni meteorologiche e lo stato fitosanitario delle piante sia ottimale, poiché i grappoli rimarranno in pianta per settimane o mesi. Questi vini sono noti per i loro aromi di miele, frutta matura e sentori vagamente speziati.
È anche possibile che solo una parte dei grappoli venga destinata alla concentrazione in pianta: questo appassimento parziale è spesso utilizzato per la produzione di vini come l’Amarone della Valpolicella, lo Sforzato di Valtellina e altri vini secchi. Il contenuto di zuccheri residui è maggiore, così come la complessità aromatica. Il processo è senz’altro laborioso e richiede attenzione costante, ma i risultati possono essere straordinari, se gestiti in maniera corretta.
Tra le zone più vocate alla produzione di vini ottenuti mediante vendemmia tardiva, quella dell’Alto Adige, assai diversificata per piattaforma ampelografica, climi e suoli, riflette in questa tipologia enologica tutte le sue unicità, partendo da uve come gewürztraminer e moscato giallo.
Il Friuli Venezia Giulia è casa del famoso picolit, vitigno coltivato soprattutto nei Colli Orientali e affetto da acinellatura, cioè da un difetto genetico in allegagione che conduce all’aborto spontaneo fiorale. Ciò si traduce in una bassissima resa di acini per grappolo, che oscilla tra 4 e 10. Gli acini superstiti vanno incontro a surmaturazione su pianta e generano un vino da meditazione di rara eleganza in cui si percepiscono sentori di miele, frutta matura, agrumi canditi e spezie e dal gusto raffinato, sottile e cremoso.