LA PIANTA: VARIETÀ E PORTAINNESTO
La produzione di vini di qualità è strettamente legata alla scelta del vitigno e del portainnesto, che va fatta in base alle caratteristiche pedoclimatiche della zona nella quale avviene l’impianto del vigneto.
Non tutti i vitigni mostrano la stessa adattabilità alle diverse condizioni climatiche e territoriali. Alcuni si adattano bene in quasi tutte le zone, altri sono molto più esigenti.
Tra i primi si possono ricordare chardonnay, merlot, cabernet sauvignon e, in misura minore, syrah, sauvignon, riesling, moscato e sangiovese, che hanno saputo adattarsi con buoni risultati in quasi tutte le zone viticole mondiali.
Tra quelli più esigenti, due esempi molto significativi sono il pinot nero, che si coltiva quasi ovunque, ma di rado raggiunge le vette qualitative della Borgogna, e ancora di più il nebbiolo, che riesce a esprimere tutta la sua personalità quasi soltanto in Piemonte e nell’area circoscritta della Valtellina.
Il rischio da evitare è che la scarsa adattabilità porti all’abbandono dei vitigni più strettamente legati a un determinato territorio, che dovrebbero invece essere valorizzati per non perdere l’incredibile patrimonio ampelografico italiano.
La pianta della vite che oggi coltiviamo è formata da due parti: la marza, una porzione di tralcio di 1-2 gemme della varietà di V. vinifera scelta, e il piede, o portainnesto, derivato in genere dalle specie nordamericane. La scelta di utilizzare piante innestate, come si è detto, serve a evitare i danni causati dalla fillossera, che danneggia le radici della vite europea, causandone la morte.
In Piemonte, in alcune vallate laterali della Valle d’Aosta e della Valdadige e in alcune zone di Francia, Spagna e Portogallo e di Argentina e Cile, si trovano ancora vigneti non innestati (viti franche). Si tratta in genere di suoli particolari, in cui l’insetto non riesce a sopravvivere. Per migliorare la resistenza della vite alle malattie, la sua produttività e la qualità delle uve, da oltre cinquant’anni si è avviata la selezione di nuovi cloni partendo dalla selezione massale delle differenze naturalmente esistenti all’interno di una popolazione e dal successivo risanamento da virus, funghi e batteri del materiale di moltiplicazione.
Per quasi tutte le varietà coltivate esistono oggi diversi cloni, ognuno dei quali rappresenta un gruppo di individui geneticamente identici, con specifiche caratteristiche relative a fertilità, forma e dimensione del grappolo e dell’acino, capacità di accumulo di zucchero e di sostanze coloranti e aromatiche.