L'estrattore sta diventando di uso comune, forse perché sempre più cultori del vino vogliono godere di bottiglie molto evolute, per le quali questo strumento si rivela molto utile, in quanto i tappi indeboliti dal tempo tendono a rompersi a contatto con il verme di un cavatappi tradizionale. Le due lame, una leggermente più lunga dell'altra, vanno inserite con delicatezza tra sughero e vetro; una volta che le due lame sono posizionate in maniera speculare attorno al tappo si procede con lo spingere verso il basso prima una poi l'altra, fino ad arrivare alla base del collo della bottiglia con la base dell'impugnatura. A questo punto si compie il movimento rotatorio, permettendo alle lame di staccare il tappo dalla sua sede nel collo della bottiglia.
A metà tra l'estrattore e il cavatappi a spirale c'è uno strumento che molti appassionati stanno facendo proprio. Si tratta di una spirale con manico da inserire nel tappo di sughero; la particolare conformazione fa sì che si riesca a inserire anche l'estrattore a lame così da assicurarsi che il tappo non sfugga e non si rompa.
Almeno una volta nella vita di un appassionato e nella carriera di un sommelier capita che durante la stappatura il tappo si rompa, si sgretoli o, spezzandosi, la parte non estratta scivoli dal collo fino al vino sottostante. Di solito accade quando si è in presenza di bottiglie molto datate, soprattutto di vini passiti o liquorosi. Dovesse verificarsi, il mercato propone appositi strumenti, con lo specifico compito di estrarre i residui di sughero attraverso il collo della bottiglia, senza dover ricorrere a filtrazioni. Questo arnese sfrutta semplici principi di meccanica per condizionare i fili metallici inseriti nel collo a serrarsi e uncinare gli sgradevoli pezzetti di tappo.
