TRATTAMENTI E CORREZIONI DEL MOSTO

Sia per le vinificazioni in bianco sia per quelle in rosso, i mosti possono andare incontro a trattamenti prefermentativi (es. chiarifica) per esaltarne le caratteristiche organolettiche o per correggere alcuni parametri che, in seguito a un andamento ambientale sfavorevole o a problemi produttivi in vigneto, possono non essere ottimali.
Per evitare rapidi deterioramenti dei mosti, appena pressate o pigiate, le uve vengono addizionate di anidride solforosa, sotto forma gassosa, liquida (soluzione) oppure solida (es. metabisolfito di potassio). Tale sostanza è in genere utilizzata durante la vinificazione; solo nel caso si producano vini “senza solfiti aggiunti” (in tal caso il suo limite dev’essere inferiore a 10 mg/l come solforosa totale) non è possibile aggiungerla al mosto.
L’anidride solforosa o, in gergo, “solforosa” esplica diversi effetti nel vino; i principali e i più importanti sono:

  • antiossidante: è in grado di bloccare le reazioni di ossidazione, soprattutto reagendo con i radicali liberi ed evitando l’ossidazione dei composti polifenolici e aromatici del mosto e del vino;
  • antiossidasico: reagisce con gli enzimi presenti nel mezzo, bloccandone l’azione prima che questi possano reagire con i diversi substrati (es. reazione con le polifenolo-ossidasi, evitando l’imbrunimento del mosto e del vino);
  • battericida: è in grado di rallentare o eliminare la concentrazione microbica (batteri e lieviti);
  • solubilizzante: esplica un’azione solubilizzante dei composti presenti nelle parti solide favorendone l’estrazione.

A dosi elevate, l’aggiunta di anidride solforosa porta alla produzione di “mosti muti”, cioè mosti in cui i lieviti non sono più in grado di fermentare sfruttando in modo importante l’effetto battericida. Questo ne permette il trasporto per notevoli distanze e una conservazione molto prolungata nel tempo, anche se è un sistema che si utilizza per vini di medio-bassa qualità, poiché il mosto dev’essere poi sottoposto a taglio con altri mosti oppure desolfitato con attrezzature specifiche.
Negli ultimi anni, per cercare di diminuire l’utilizzo dell’anidride solforosa già all’inizio della trasformazione, si stanno sviluppando protocolli e prodotti tecnologici come lieviti non-Saccharomyces, tannini di diversa natura e prodotti di origine vegetale per contrastare le ossidazioni e le fermentazioni indesiderate.