Si preferiscono le bucce di uva nera alle vinacce di bacca bianca non solo per il colore più invitante che assume la brovada, ma soprattutto per il gusto, più marcato, vigoroso. L’odore è acuto come quello dell’aceto, il sapore acre, forte. e , così è chiamato in dialetto friulano il cotechino, è uno dei piatti tipici del Natale friulano. Sorella della brovada friulana è la brovada carsolina, del Carso, chiamata anche rava garba, cioè aspra, acida. La culla delle barbarape è il bacino del Mediterraneo dove prospera ancora lungo le coste, allo stato selvatico, la loro nonna, la . Storici dell’alimentazione sono certi che la faceva parte dell’alimentazione di Egizi e Babilonesi. Sicuramente era presente nel mondo greco. Ne parla Teofrasto, filosofo e botanico vissuto nel quarto secolo prima di Cristo, autore di un trattato sulla storia delle piante nel quale la chiama tèutlon. A Roma la rapa rossa non era considerata solo come cibo, ma anche come medicinale. Ne scrivono Plinio il Vecchio nella e Columella, che nel , ponderoso trattato in 12 libri sull’agricoltura romana, insegna puntigliosamente il metodo per conservare le rape e i navoni. E siccome radici, legumi, insalate e verdure varie erano sempre presenti nelle sale da pranzo dei Romani, ecco che si occupa della rapa rossa anche Apicio, gastronomo e cuoco dei Luculli e dei Trimalcioni del suo tempo. Nel troviamo la ricetta delle , e cioè delle barbabietole bollite. Più che una ricetta è il consiglio di come condire le rape dopo averle cotte e tagliate a fettine. Niente di trascendentale. Ecco il suggerimento in latino e in italiano per chi vuole levarsi lo sfizio di mangiare le rape come si mangiavano duemila anni fa. “ ”. E cioè: “Si condiscono bene con senape, un po’ d’olio e aceto”. Brovade muset Beta maritima Beta vulgaris Naturalis historia De re rustica De re coquinaria betas elixas Ex sinapi, oleo modico et aceto bene inferuntur