Non basta dire “varietà di olivo” o “cultivar” per esprimere tutta la ricca e variegata biodiversità olivicola. È necessario assegnare un nome più appropriato e specifico, così da attribuire una identità precisa a una determinata tipologia di pianta. Ecco allora il neologismo “olivigno”, da me coniato proprio allo scopo di essere più espliciti e dare nel contempo piena dignità a una pianta che merita un rimando diretto al nome olivo. Ciò che è avvenuto da molto più tempo per la vite, con i vitigni, dovrà avvenire con gli olivigni. Per rendere questo neologismo popolare, occorre solo diffonderlo. Un primo passo è avvenuto sabato primo marzo, nell’ambito della quattordicesima edizione di Olio Officina Festival con un annullo filatelico di Poste italiane. L’annullo, per chi non se ne intende, è la marcatura speciale applicata sui francobolli per indicarne il suo utilizzo e impedirne la rimessa in circolazione. Con tale operazione la parola olivigno è stata ufficializzata a tutti gli effetti, tant’è che l’annullo in questione sarà disponibile presso il Museo Storico della Comunicazione di Roma. Un primo passo è stato compiuto e ora non resta che portare questa parola nel linguaggio comune. Ne vale la pena, perché l’Italia vanta un patrimonio varietale unico al mondo.
