Viaggio nei sensi. Il salato. Roberto Cipresso Eccoci ancora insieme amici miei, pronti ad aggiungere nuovi preziosi tasselli al nostro ricercare. Il viaggio che facciamo – sempre il vino come guida sicura, faro insostituibile, inebriante ispirazione – può essere descritto a posteriori, ma non tracciato in anticipo, e, soprattutto, non c’è una strada che vada bene per tutti. È infatti assai imprevedibile, perché marcatamente soggettivo. Il punto di partenza non è un luogo specifico – sia esso fisico, convenzionale o immaginario, come lo è stato invece in altre nostre “missioni” del passato; è piuttosto incarnato nello stesso individuo che lo intraprende, inteso sia in alcune delle componenti strettamente anatomiche del suo corpo che nelle sue declinazioni emotive ed evocative. Partiamo infatti da quella parte della pratica dell’analisi sensoriale di un vino che ha a che fare con l’assaggio, e, più in dettaglio, dal particolarissimo momento in cui un nuovo sorso entra a contatto con le delicate seppur molto vigili papille gustative sull’epitelio linguale, già opportunamente allertate da una tempestiva e provvidenziale salivazione. È proprio in questa fase che il nostro corpo produce una specie di magia: una serie di concatenate reazioni chimiche che efficientemente collegano regioni diverse del corpo umano: cellule nervose, scompartimenti emotivi, cassetti della memoria. Lo abbiamo già visto incontrando la sensazione “dolce”, gli ingredienti che, nel vino, sono in grado di suscitarla, e l’ondata di suggestioni e rimandi che essa può produrre: dal calore di un abbraccio materno alla pienezza, dolcezza, opulenza di certe espressioni artistiche.