Le figlie del Barolo. Massimo Zanichelli In una Langa sempre più femminile, un confronto generazionale tra figlie e padri, pensiero e memoria, vini di oggi e vini di ieri. Barolo, via Roma, cantina BARTOLO MASCARELLO. , racconta Maria Teresa, la figlia di Bartolo Mascarello, scomparso nel 2005 all'età di 79 anni. . Quando Maria Teresa è nata, nel 1967, Bartolo aveva già 41 anni e quando lei era alle medie lui faceva già fatica a camminare per un problema agli arti inferiori. . Il Barolo 2018 ha nitidi richiami al timo, alle viole, alla terra, è maturo e bilanciato, ha tensione tannica e trazione sapida. . Le uve arrivano dalle vigne storiche del comune di Barolo (Cannubi, San Lorenzo – il quale, reimpiantato nel 2017, entrerà di nuovo nell'assemblaggio nel 2020 –, Ruè più il recente affitto del Monrobiolo) con l'aggiunta delle Rocche dell'Annunziata a La Morra. Fermentazione in vecchie vasche di cemento rinnovate all'interno e in due tini chiusi da 50 ettolitri, tre anni di botte di rovere di Slavonia non tostata e un affinamento di un anno in bottiglia. . Il 1998 (in magnum), prima vendemmia di Maria Teresa, è fragrante, succoso, balsamico, contrastato: trionfo di erbette aromatiche, notevole compattezza strutturale, tannino filigranato, lunga persistenza. Il 1993 è etereo, purissimo, espressivo: terra umida, sottobosco, tartufo, incenso, mobili antichi, sacrestia. Tannino aeriforme, bevibilità dissetante. . Poi arriva il 1989. Il riserbo olfattivo e l'espansione gustativa, il pudore e lo slancio. Tartufo, menta, eucalipto. Bocca tenera e dritta, balsamica e terrosa, intransigente e soffusa. Una fusione. . "All'inizio non ne volevo sapere del mondo del vino, mio nonno Giulio voleva che facessi la Scuola Enologica, invece, sono andata allo Scientifico e sono rimasta astemia fino all'età di vent'anni. Mia madre, che faceva la maestra e qui era una sorta d'istituzione, mi spingeva ad assaggiarlo, mio padre si asteneva dal dire qualcosa e io mi astenevo dal vino, al limite quasi del rigetto" "Poi le cose sono cambiate, le radici familiari si sono fatte sentire e i sentimenti hanno prevalso: essendo figlia unica, tutto il lavoro del papà, del nonno e del bisnonno sarebbe andato perduto. Ho cominciato ad affiancare mio padre, datore di lavoro esigente e severo, all'inizio del 1994 dopo la laurea in lingue e letterature straniere a Torino" "Sono trascorsi vent'anni dalla sua morte, ma ne sembrano passati solo cinque" "Lo produco con la ricetta della casa che non ho mai tradito perché rappresenta storia, radici e tradizioni delle nostre terre" "C'è però stata un'evoluzione continua, non l'immobilismo che tutti pensano e attribuiscono ai cosiddetti tradizionalisti: nel 2015 abbiamo cambiato la pigiadiraspatrice e in seguito il torchio idraulico per gestire meglio la pressatura" "Un'annata ingiustamente considerata minore cui mi sono affezionata. La capacità di un produttore si vede proprio in queste vendemmie, non in quelle più belle. La soddisfazione di venire a capo di una 2014 o di una 2018. Aver salvato l'uva della 2024 con tutte quelle piogge è stato un risultato importante. Il vino deve rispettare il vitigno e l'annata: piccola o grande che sia è indifferente, quello che importa sono le differenze" "Nel 1989, l'anno del crollo del muro di Berlino, avevo fatto mettere il telefono in casa: mio padre disse che era crollato un altro muro. Come lui sono sempre stata restia al telefono, al fax e ora ai social. Più passa il tempo e più gli assomiglio. L'eccesso di comunicazione di oggi mi dà fastidio. Uso il cellulare come un telefono fisso per cose brevi e urgenti. E per le poche mail che mando: non uso il computer"