Viaggio nei sensi. L'amaro. Roberto Cipresso Perché di vino si parla, si canta, si scrive così tanto? Sono certo, amici miei, che – proprio in quanto lettori di queste righe – ve lo siate chiesto più volte anche voi; e qualcosa mi dice che, in un modo o nell'altro, abbiate già trovato molte risposte. Di sicuro, il vino non è una bevanda né un alimento qualunque. Lo affermiamo – e ciò vale in particolare per i lettori originari del "vecchio mondo" – perché, con ogni probabilità, se ci troviamo qui insieme, è perché la nostra vita personale, o quella di membri della nostra famiglia, di avi lontani nel tempo o di amici cari, è legata in qualche modo alla conduzione di vigneti, alla produzione di buone bottiglie o alla presentazione al mondo di un lavoro fatto con amore e maestria. Lo sappiamo perché, pensando alla terra che ci ha cresciuti, la associamo quasi istintivamente ai suoi vitigni più rappresentativi, o al paesaggio scandito dall'inconfondibile profilo dei filari. E ne siamo certi perché i momenti più lieti o più densi di significato della nostra esistenza sono stati suggellati da un brindisi gioioso, da un assaggio condiviso, da un lento sorseggiare fecondo di pensieri ed emozioni. Il vino non è una bevanda qualsiasi, per ragioni storiche, culturali, affettive; ma anche per motivi legati alla sua stessa essenza, alle molecole che lo compongono e al modo in cui il nostro corpo è in grado di recepirle ed elaborarle. Ed è proprio questo il tema di questa serie di incontri, giunta ormai al suo quarto "episodio".