Italians do it better. Bruno Petronilli Grandi insegne dell'alta gastronomia mondiale, luoghi di culto, che in Europa brillano di luce propria: siamo a Barcellona, Parigi, Londra, Oslo. Ma c'è un sottile che li unisce, perché dietro l'abbagliante splendore di prestigiosi ristoranti batte un cuore solo italiano. Non è un fenomeno raro: dal nostro paese, infatti, da sempre frotte di giovani cuochi partono per affollare le brigate di tutto il mondo. E spesso arrivano a vestire i galloni del secondo o del , occupando stabilmente il vertice e indossando la del capo Chef. fil rouge resident chef toque Paolo Casagrande È dal 2017 che Paolo Casagrande, nato 46 anni fa a Conegliano, detiene tre stelle al Lasarte di Barcellona, sotto l'egida di sua maestà Martín Berasategui, chef più stellato di Spagna. racconta. . "A parte qualche stagione estiva durante l'alberghiero e il biennio 2010-2012 al Castadiva Resort sul Lago di Como, la mia carriera si è svolta interamente all'estero, per il desiderio di imparare le lingue e muovermi da solo. La nostalgia dell'Italia c'è sempre, ma la vita va avanti e gli impegni crescono. In particolare, in Spagna sono arrivato per fermarmi un anno e sono già 23" "Nel complesso ho avuto l'opportunità di fare tanto e mi sento molto internazionale. Ma tutti noi sappiamo di quale rivoluzione sia stata protagonista la Spagna e quanto continui a spingere; questo mi stimola a cercare di evolvermi ed essere sempre anticonformista. Poi ci sono vantaggi a livello di prodotti, tradizioni, cultura gastronomica. Come in Italia. È un lusso lavorare in questo punto dell'emisfero. Sono stato contagiato da una certa maniera di essere sempre sull'onda; inoltre vivere a Barcellona è come stare a Milano, in due ore sono a casa, cosicché non avverto questa grande distanza. Nella mia cucina resta tanta Italia, nei piatti, nei sapori, nel personale. Oltre la metà del team è composta di italiani, che all'estero sono molto presenti, perché ci piace viaggiare e fare esperienze, abbiamo un background di sapori che è più avanti di tanti altri paesi e in famiglia si continua a cucinare. Un registro di sapori e qualità dei prodotti particolarmente ampio, che ci avvantaggia. Nella carta del Lasarte c'è sempre un raviolo, una pasta, un risotto, perché un cuoco non deve mai dimenticare le proprie radici. La mano è quella e non va persa. Poi ci sono piatti costruiti sui ricordi d'infanzia, prodotti come il radicchio e il tartufo bianco. Cerchiamo di stare sempre sul pezzo. Sposano un'idea basca di tecniche e sapori, come certe basi dei fondi, il pil-pil, la vizcaina, una maniera di lavorare la materia. E la parte catalana, che significa prodotti e mari e monti, come in Italia. Un piatto esemplificativo di questa fusione è il raviolo di coda di bue con anguilla stufata, rafano piccante e salsa di molluschi, sviluppato da una base di Martin, con l'anguilla che è ben presente in tutti e tre i territori. Lo chef nutre un grande rispetto verso l'Italia, c'è stato tante volte con me e condividiamo tutto, crescendo insieme"