Il Nobile si alza in Pievi. Roberto Bellini Osservare un territorio, agricolo, industriale, artigianale e commerciale, risulta al giorno d'oggi sicuramente interessante, forse anche sociologicamente affascinante, per la poliedrica varietà degli stili architettonici che rappresentano le ambientazioni in cui operano uomini e mezzi, per gli intrecci delle vie di comunicazione, e fa vivere una certa frenesia che negli anni Sessanta generò lo slogan "contro il logorio della vita moderna"; perché quel magico progresso che aumentò il benessere degli italiani ci ha regalato anche una modernità di disturbi e sindromi come ansia, stress, superlavoro, efficientismo e connettività. A Montepulciano, siamo nel quadrante sud-est della Toscana, in uno spicchio di territorio confinante con Umbria e Lazio, l'austera ambientazione di cittadina medievale, le pietre antiche maritate ai mattoni frutto di un'artigianalità ormai scomparsa, ci si può regalare un distacco dalla frenesia da riempire con il silenzio, con i profumi della campagna, sorbendo essenzialità intellettive di arte e cultura da abbinare a sorsi di vino di assoluta nobiltà, il Vino Nobile di Montepulciano. Il panorama offre varie angolature di quello che si potrebbe ancora definire un villaggio, intendiamoci bene, è privilegio assoluto, è ornato di verdeggianti vigneti, campi seminati, strisce di oliveti, ciuffi boschivi e disseminate Pievi: in parole concise si dovrebbe usare l'idillico termine bucolico. Dallo spirito e dall'anima di questa suggestione ambientale, intrisa di storia che risale al Cinquecento, che non è il Rinascimento, ci piace poeticamente far nascere il progetto enoico delle Pievi.