UNA GRANDE QUERCIA CRESCIUTA SULLA PIRAMIDE

Il vino di qualità è il risultato di fattori che Mario Fregoni, con il mio debole contributo, ha recentemente impilato per gradini in una piramide della qualità vitienologica.
A differenza delle precedenti e celebri “piramidi fregoniane”, che classificavano il vino italiano in una scala geo-qualitativa (dai vini comuni senza indicazione geografica fino alla massima espressione dei vini a denominazione di origine controllata e garantita con menzione vigna seguita dal toponimo), la nuova costruzione si basa sul presupposto che sia il terroir con il genius loci a originare la qualità e che quest’ultima porti alla rinomanza, o notorietà, il presupposto minimo perché un vino possa accedere alla massima classificazione qualitativa e commerciale. La novità di questa piramide, che non supera ma si affianca alle precedenti, sta nel fatto che l’oggetto dei gradini non è più la tipologia di un vino (senza indicazione di orgine - igp - dop…), quanto piuttosto il “tipo”, termine che, soprattutto all’inizio del secolo scorso, veniva utilizzato ad indicare l’insieme dei caratteri chimici ed organolettici caratterizzanti del prodotto. “La costanza del tipo” - ammonì l’accademico dei georgofili Giuseppe Palieri (1884-1950) su Il Commercio Vinicolo nella primavera del 1929 - è infatti “la miglior reclame pel vino”.