MOSCATELLO DI TAGGIA SECCO LUCRÆTIO
MAMMOLITI

Q

uesta è l’incredibile storia di un vino che un tempo era leggendario. Lo cercavano da mezza Europa, lo adoravano papi e nobili di Roma, suo mercato di riferimento ai tempi di Caravaggio. Il Moscatello di Taggia, il succo delle vigne terrazzate della Valle Armea e della Valle Argentina, si inabissò poi in un oblio che divenne assoluto a fine Ottocento. Restavano i testi e forse qualche pianta, nel fitto dei vigneti. La tenacia di Eros Mammoliti, viticoltore a Ceriana, ha determinato il miracolo che siamo qui a constatare: uno studio partito su sua iniziativa nel 2003 in collaborazione con la Regione Liguria, l’Università di Torino e il locale CNR, ha scatenato la ricerca del “vero” Moscatello taggiasco. Si è arrivati all’impresa di isolare 67 piante, delle quali 66 non propagabili e una – una sola, un alberello di 40 centimetri di diametro e 200 anni di età a piede franco – sì. Ed eccoci a salutare il ritorno di un mito. Si è costituita anche un’associazione di produttori: quattordici, ciascuno, ahinoi, per un numero di bottiglie ancora confidenziale, seimila in totale tra secco, passito e vendemmia tardiva. Poco? D’accordo: ma ricordiamoci che si è partiti da una pianta sola. E che vino, a trovarlo, il Moscatello di Taggia. Ha diverse possibili gradazioni di dolcezza, e in ciascuna versione tuttavia una peculiarità, rara nel panorama dei Moscati italiani: non si limita a offrire la potente dotazione aromatica “di serie” che tutti conosciamo, ma la sfuma di colori propri.

Si è arrivati all’impresa di isolare 67 piante, delle quali 66 non propagabili e una – una sola, un alberello di 40 centimetri di diametro e 200 anni di età a piede franco – sì. Ed eccoci a salutare il ritorno di un mito

Questi evocano insieme il mare e la campagna, e quindi, in qualche modo, “sentono” il luogo d’origine. Il profilo è quello di un bianco trasognato, puro, percorso da nuance di macchia mediterranea, erbe profumate, frutta selvatica (uva, pere, bacche), e un tocco che rammenta la spuma marina. Una delizia per la conversazione del pomeriggio, come da tradizione ligure e provenzale, ma non solo. Con un brindisi all’impagabile “testa dura” di quelli come Eros, il quale ha disseppellito nel Moscatello taggiasco una gemma piccola, ma lucente e preziosa.