VALTELLINA SUPERIORE PIETRISCO
BOFFALORA

<<Ho fatto corsi e ho ascoltato i contadini anziani. Devo dire di avere imparato assai di più ascoltando gli anziani». Questo significa essere viticoltori in Valtellina: è accettare una specie di missione, quasi mai remunerata per quello che costa, in cui ognuno, generazione dopo generazione, mette un mattone su un muro di fatica e convinzione. Ma spesso, parlando con i vignaioli di qui, ci si avvede che di questa remunerazione, sotto forma di lusinghe, denaro o prestigio, essi non hanno gran bisogno. O comunque, non sembrano averne più di quanto non ne abbiano di preservare queste loro incredibili vigne, ciascuna patrimonio di famiglia. La storia di Giuseppe Guglielmo, viticoltore e apicoltore a Castione Andevenno, è curiosa: il virgolettato all’inizio è suo, ed è tratto da una sua vecchia intervista apparsa sulla testata online l’acquabuona. Giuseppe faceva il carrozziere; alla morte del suocero, il destino delle vigne familiari che questi curava apparve segnato. Dopo lunga riflessione, Giuseppe e la moglie presero la decisione di occuparsene; la scelta richiese un cambio radicale di vita, né più né meno. Le vigne, col senno di poi, lo meritavano; nell’appezzamento detto Canovi ve ne sono esemplari di 110 anni, prefillosseriche. Le parcelle attuali – due ettari, appena fuori dal limite della Sassella storica – consentono a Giuseppe di produrre poche etichette, e in piccoli numeri; ma da ogni bottiglia procede un profondo senso di appartenenza e di rispetto, oltre a trasparirne un talento non comune.

Questo significa essere viticoltori in Valtellina: è accettare una specie di missione, quasi mai remunerata per quello che costa, in cui ognuno, generazione dopo generazione, mette un mattone su un muro di fatica e convinzione

Il Rosso di Valtellina, delizioso e succosissimo vino d’annata, si chiama Umo; il Valtellina Superiore, invece, ha nome Pietrisco. Troviamo che quest’ultimo vada catalogato tra i più grandi vini da Nebbiolo prodotti fuori dalla Langa di Alba, senza iperboli. Trasparente e luminoso, irradia tersi profumi di rosa e sale iodato, lampone ed erbe officinali, per poi trasporre al gusto – serrato e fresco – questa sua armonia d’insieme; il coacervo ha simmetria e classe stupefacenti, e al contempo riporta la verità di una fatica grama, eppure irrinunciabile.