Urban Plattner ha compiuto da poco trent’anni, ma comunica il suo lavoro con l’equilibrio e la maturità di un veterano. Lo abbiamo raggiunto nel maso di famiglia all’imbocco della Valle Isarco, poco oltre la città di Bolzano e la collina di Santa Maddalena, e subito ci ha portato a vedere il vigneto: tre ettari e mezzo condotti in regime biologico già dal 1990, e convertiti alla biodinamica in tempi più recenti (2014). Circondate dal bosco, le vigne occupano delle piccole radure pianeggianti (eben) a quota 450 metri, l’esposizione prevalente è a sud-ovest e i terreni sono porfidi di matrice vulcanica che garantiscono un drenaggio efficace. Quasi metà della superficie vitata è appannaggio della schiava, vecchie vigne coltivate per lo più a pergola e vinificate a grappolo intero, senza diraspatura: Urban ne ricava cinquemila bottiglie di una versione molto grintosa, fresca e saporita, che ha chiamato Sankt Anna, rinunciando così alla Doc Santa Maddalena senza però azzerare tutti i riferimenti. Giù il cappello davanti a questa Schiava in botte grande, che annoveriamo senza esitazioni tra le riuscite più convincenti della tipologia; ma dobbiamo confessare che il rosso di casa Plattner che più ci ha incantato è un altro. Proviene da una varietà conosciuta come malvasia rossa, che Urban ci racconta essere un tipo di uva difficilissima da coltivare: sensibile a tutte le malattie, anche a piena maturazione conserva la sua colorazione rosso-blu, senza mai virare verso il nero. È inoltre una varietà precoce e bisogna attrezzarsi per vendemmiarla già a fine agosto. E tuttavia questi mille metri di vecchia pergola di malvasia rossa i Plattner se li tengono ben stretti, perché il vino che se ne ricava è semplicemente delizioso.
Circondate dal bosco, le vigne occupano delle piccole radure pianeggianti (eben) a quota 450 metri
Sono circa mille bottiglie di un rosso leggero e profumatissimo, in cui l’esuberanza floreale si intreccia a note di incenso e spezie orientali, per comporre una trama aromatica di originale vitalità espressiva. Agile e aggraziato anche nella progressione al palato, conserva un finale di bocca di maggiore freschezza rispetto ad altri rossi dai profumi spiccati, quali ad esempio il Ruchè di Castagnole Monferrato, la marchigiana Lacrima di Morro d’Alba o il Frappato ibleo. Servito fresco, sfoggia una sorprendente versatilità negli abbinamenti e si esalta con le preparazioni in agrodolce.