<< Mi chiamo Bruno Lenardon, ho 68 anni. Sono nato nel 1949 a Muggia, in una clinica che ora non c’è più; i miei erano contadini, mamma era nata vicino Muggia, in un paesino che ora è in Slovenia. Facciamo vino e olio da oltre cent’anni, ma non abbiamo mai avuto molta terra nostra. Io sono in pensione: ho un ettaro e mezzo scarso di vigna, ho moscato giallo, bianco e rosa, malvasia e refosco. Il moscato rosa di Parenzo richiede quattro volte le attenzioni degli altri. È ostico, e per questo quasi nessuno lo coltiva, perché non vale la pena, fai pochi litri: è praticamente scomparso. Però quei litri che fai vengono un sogno se l’annata c’è, ho avuto un 2015 strepitoso, il prossimo anno chissà: alle volte è deludente. Lo raccolgo attorno al 20 agosto, al massimo arriva a fine mese; quando lo vendemmio, ha una gradazione alta, e tanta tanta acidità. Ne faccio meno di cinquecento bottiglie: nel tempo mi dura. Lo tengo sulle bucce per sei o otto ore in acciaio, che prenda un po’ di colore, poi lo presso e faccio fermentare fino a che non va completamente a secco, sta in vasca fino all’estate. Il Moscato Rosa ha profumi eccezionali, è fresco, si beve volentieri su varie cose. Produco altri tre vini, la Malvasia Istriana viene quasi tutta da una pergola di 80 anni, il Moscato è anche lui secco.
È ostico, e per questo quasi nessuno lo coltiva, perché non vale la pena, fai pochi litri: è praticamente scomparso. Però quei litri che fai vengono un sogno se l’annata c’è
I miei vini sono diversi da quelli di mio padre: lui non controllava nulla. La malvasia la teneva tre giorni sulle bucce, in legno, poi la spillava da sotto; le bucce venivano torchiate e si faceva un vino “di seconda categoria”. La vendemmiavamo dopo metà ottobre, erano uve così zuccherine che appiccicavano le mani. Il vino era denso, duro, buono. La gente beveva di più: il bicchierino in osteria non c’era, c’era il manighetto, un boccale da un quarto; qualche osteria delle vecchie esiste ancora a Muggia. Sono diventate quasi tutte dei bar, ma ci sono ancora. C’era uno a Muggia che lavorava al cimitero, lo chiamavano “Giovanìn Quarantadue Quarti”, si sparava anche più di quaranta manighetti in un giorno, fai il conto, sono dieci litri di vino. Però sai. Era uno che faceva un lavoro di fatica».