Nel cinema, il nome Lino non si associa a delle figure efebiche: Lino Ventura o Lino Banfi evocano piuttosto dei robusti mangiatori di quarti di bue appena scottati sulla griglia. Nel vino, invece, il suffisso –lino rimanda a silhouette decisamente più slanciate: Grignolino, Cannellino, Bardolino. Ecco, appunto, Bardolino: una tipologia veneta che si sta prendendo una bella rivincita dai tempi in cui veniva considerato con sufficienza come un prodotto vuoto e banale. Era l’epoca dell’adorazione di rossi corpulenti qualunque fosse il vitigno generatore, ottenuti o da uve iperconcentrate in vigna (nei casi migliori: con rese di due grappoli l’ettaro), o con tecniche di estrazione senza mezze misure in cantina: salassi dei mosti, rotomacerazioni a velocità Mach3, osmosi inversa. Ora quel mondo non c’è più, quei pachidermi si sono pressoché estinti. E non è servito un meteorite dallo spazio, è bastato che chi beve vino si rendesse conto dell’oggettiva difficoltà di abbinare un carrè di agnello con un blocco di ghisa del 2001. La famiglia Piona fa vino dalla fine del XIX secolo. Non costituisce quindi una novità per l’appassionato mediamente informato. E non è neppure una piccola tenuta marginale: produce quasi mezzo milione di bottiglie e conta su un’ottantina di ettari nelle campagne di Prabiano, presso Villafranca di Verona. Ciò nonostante ne segnaliamo con convinzione il sapido e scattante Bardolino, perché possiede tutti le credenziali richieste in questo volume. Da un taglio – indicativo – di corvina al 60-80%, di rondinella e molinara per la parte restante, viene da vigne di media collina, a un’altitudine di circa 200 metri sul livello del mare.
Una tipologia veneta che si sta prendendo una bella rivincita dai tempi in cui veniva considerato con sufficienza come un prodotto banale
La vinificazione segue protocolli consolidati, con tanto di délestage (svuotamento della parte non solida del mosto dalla vasca di fermentazione, con conseguente calo delle vinacce sul fondo, e successiva ri-immissione del liquido, al fine di favorire un’estrazione migliore); ciò che per fortuna non ne irrobustisce troppo l’impianto estrattivo complessivo. Ne risulta infatti un vino di aspetto invitante e tutto meno che intimidatorio, profumatissimo (fragola, lamponi, mandarino), di sapore fruttato e salino insieme, dinamico e anzi quasi ipercinetico.