Il termine “rito” è un vaso di Pandora: meglio non scoperchiarlo, o verrà fuori un trattato in più volumi sulla storia umana (religione, sociologia, etnologia, semiotica, diritto). L’accezione che interessa a noi, quella legata al vino, è anch’essa complessa, perché abbraccia aspetti differenti; riguarda però comunque la tradizione, cioè il trasmettere, per generazioni. Il mondo dei vini popolari è intriso di liturgie rituali; ma tra essi, pochi incarnano questa dimensione domestica, sacrale e arcaica come il Lambrusco. Amatissimo da noi come all’estero, ma confinato da sempre a un consumo disimpegnato, questa varietà, nelle diverse tipologie cui dà vita (assai diverse tra loro) vive un momento positivo, in cui pare esser presa finalmente sul serio. Intendiamoci: non che non ci piaccia berlo (non degustarlo: berlo) con un salume rustico accanto, e anzi mentre scriviamo non vediamo l’ora; annotiamo solo che con il Lambrusco è possibile confezionare vini che hanno qualcosa di non banale da dire. In una gamma articolata come quella della famiglia Zucchi, viticoltori a San Prospero dal 1950, si trovano entrambe le possibilità: e il magnifico Sorbara (la varietà più fresca e trasparente, forse la più fine) a nome Rito mette a sedere nei fatti allo stesso tavolo due generazioni e due visioni, incarnate da Davide Zucchi (padre) e Silvia (sua figlia). Il Lambrusco cioè di un tempo, compagno di ore lente in osteria, o della cena a famiglia riunita, e quello di oggi, figlio della progressiva presa di coscienza che popolare non significa mediocre. Silvia, che ha studiato enologia a Conegliano, ha le idee chiarissime in merito nonostante la giovane età – è del resto cresciuta in mezzo ai filari – e troviamo questo vino molto “suo”.
Il Lambrusco di un tempo, compagno di ore lente in osteria, o della cena a famiglia riunita, e quello di oggi, figlio della progressiva presa di coscienza che popolare non significa mediocre
Dal colore rosso corallo trasparente e brillante, apre un profumo di succo di lamponi e rose capace di saturare una stanza. L’assaggio è una coccola, e porge tuttavia qualcosa di selvatico, di rurale; del tutto piacevolmente, perché colora il vino di una verità che non cerca consensi facili. Impeccabile per fattura, è vieppiù prezioso in virtù della sua vena agreste.