Non vorremmo deludere il lettore cresciuto nel mito del Sangiovese con la esse maiuscola («ormai io di rossi italiani bevo solo vini da nebbiolo o da sangiovese»), ma purtroppo, nella realtà, si tratta di un’uva molto meno virtuosa di quanto la vulgata enofila tramandi nei passaparola. «Il sangiovese? È un troiaio», dice senza mezze misure il vignaiolo toscano che la sa lunga. Perché è vero, il sangiovese può dare e dà vini straordinari, e ci mancherebbe; ma non si tratta di un’evidenza implacabilmente ricorrente. Al contrario, nella media le uve di sangiovese sono di qualità corrente, se non crescono nei territori e nelle annate giuste. Così è meglio non santificarlo. Il bevitore laico fa bene a nutrire questa mesta certezza, che nessun vino merita di essere attrespolato sul piedistallo dell’idealizzazione. Meglio, molto meglio essere piacevolmente sorpresi, magari emozionati, da un vinello imprevisto, che essere delusi dalle aspettative imperiali alimentate per anni prima di stappare la bottiglia inarrivabile. In Romagna, nelle basse colline (non oltre i 150 metri sul livello del mare) del comprensorio di Marzeno, proprio sopra il fiume omonimo, i terreni sono principalmente argillosi, anche se nelle parti più elevate non mancano terreni bruno-grigi e calcarei. Le medie climatiche non sono timide e le temperature estive possono essere poco distinguibili da quelle del Tavoliere delle Puglie.
Nelle basse colline del comprensorio di Marzeno, proprio sopra il fiume omonimo, i terreni sono principalmente argillosi. Le medie climatiche non sono timide
In questo quadro, difficile aspettarsi rossi snelli, longilinei, atletici. Più spesso, in coerenza con il dato pedoclimatico, ne derivano Sangiovese alcolici, caldi, potenti. Più spesso: ma non sempre. Il Sangiovese di Ca’ di Sopra è una lodevole eccezione. Ottenuto da lunghe macerazioni, ha grana tannica finissima, tale da imparentarlo alla cieca a un Barbaresco di Roagna; e scusate se è poco. Profumato, non carico nel colore e nello spettro aromatico, sa slanciarsi bene al palato e si allunga in una progressione davvero sorprendente. Ciò che ne fa un vino da bere e “strabere”, fino a sgocciolamento finale della bottiglia per trarne gli ultimi millilitri.