PETTIROSSO
FONTERENZA

Il pettirosso è un uccellino coraggioso. Lo sostiene Maurizio Maggiani, che nel suo fortunato romanzo (Il coraggio del pettirosso, Feltrinelli 1995) gli attribuisce quella forma di coraggio capace di combinare umiltà e ostinazione, per restare tenacemente fedele al suo sogno di libertà. Ma ce lo ricordano anche le gemelle Padovani, Francesca e Margherita, vignaiole a Montalcino. Il loro Pettirosso è un vino che dietro l’apparente spensieratezza nasconde una buona dose di audacia e non ha paura di volare controcorrente. In che senso è presto detto. Siamo a Montalcino, in terra di Brunello, dove il sangiovese suggerisce ai viticoltori di pensare in grande: ricerca di struttura e complessità, estrazioni insistite, lunghi affinamenti, commercializzazione posticipata a prezzi ambiziosi. Ma la vocazione del Brunello come grande rosso da invecchiamento non esaurisce la gamma espressiva del sangiovese di queste contrade, e a Fonterenza si esplorano anche altre strade. In particolare, la frequentazione della Loira stimola nelle nostre vignaiole un sentimento pop per il vino, legato alla convivialità del quotidiano: stappare e bere, senza per forza ogni volta doverci stare troppo a pensare. A rafforzare questo orientamento per vini più immediati e beverini è di aiuto anche qualche scollinamento verso sud, tra il comprensorio del Montecucco e il Monte Amiata, dove dal 2010 Francesca e Margherita lavorano una piccola vigna quasi centenaria esposta a est: oltre all’uva per il bianco della casa, il Biancospino, ne ricavano una base di sangiovese da destinare a un nuovo progetto di rosso.

Un sentimento pop per il vino, legato alla convivialità del quotidiano: stappare e bere, senza per forza ogni volta doverci stare troppo a pensare

Nasce così il Pettirosso, con una piccola quota di macerazione carbonica ma senza troppo enfatizzare la componente fruttata; più contenuto nel grado alcolico ma più vibrante e quasi croccante nell’acidità; meticcio per origine (strada facendo incorpora anche un 20% di ciliegiolo) ma cosmopolita per vocazione. Con l’annata 2016 – in bottiglia da metà maggio – il vino, già golosissimo, compie un ulteriore salto in avanti, stavolta un salto “di quantità”, valicando la fatidica quota delle diecimila bottiglie. Ma lo fa conservando delicatezza del tocco e finezza del sapore, impastando ricordi di ciclamini e fragranze di arance rosse. A proposito della sua scorrevolezza, Emanuele Giannone ha scritto: «Viene, delizia e passa». Con il coraggio della fragilità.