La tenerezza, quando è autentica, non sopporta facili definizioni: si insinua con delicata tenacia nelle pieghe della nostra esperienza, ma senza l’esplicitezza delle grandi virtù civili. Forse per questo parlarne è impresa ardua, sempre esposta a scivolare nel sentimentalismo. Sul tema della tenerezza sono tornati in tempi recentissimi l’ultimo film di Gianni Amelio e un libro della filosofa Isabella Guanzini (Tenerezza, Ponte alle Grazie 2017): due opere complesse ma altamente raccomandabili, capaci di toccare molte corde sensibili, ponendo domande scomode e smuovendo affetti ancestrali. Tra le tante sollecitazioni, ci ricordano che da Platone fino alle cronache dei migranti, parlare di tenerezza significa parlare di umanità, di curiosità verso l’altro, di quella leggerezza profonda che ci permette di intercettare, fra le righe, il senso più fecondo e creativo della nostra fragilità. Anche nel vino la tenerezza ha spesso a che fare con leggerezza e fragilità, ma in un’accezione che il più delle volte indica un limite, una mancanza. Il Rosato di Moreno Peccia ci suggerisce di considerare la faccenda da una diversa angolazione: la sua tenerezza conserva infatti qualcosa di gioioso e propositivo, anche se lo rilascia con un garbo venato di pudore. Può apparire scarico, debole e prevedibile solo a un contatto superficiale, ma il suo sapore dice l’esatto contrario di un vino ammiccante e omologato. A partire dall’uvaggio, che azzarda una combinazione ancora del tutto inesplorata, come quella del gamay con il nebbiolo.
La sua tenerezza conserva qualcosa di gioioso e propositivo, anche se lo rilascia con un garbo venato di pudore
Del resto Moreno sa bene come armonizzare i contrasti: non convivono forse nella sua vita professionale un part time da solerte impiegato di banca con l’impegno nella combattiva associazione dei Vignaioli Resistenti Umbri, di cui è da tempo l’amato presidente? Così in questa nuova etichetta (la prima vendemmia è stata la 2015, con appena due damigiane di prova) la fragilità del colore “resiste” alle tentazioni della confezione enologica, senza per questo rinunciare a un gusto modulato né a un finale rinfrescante. E la sua tenerezza non è sintomo di debolezza, ma configura una diversa tonalità del sapore, votata a una persistenza più delicata.