Come è ampiamente noto ai più, una profonda crisi epistemologica ed esistenziale ha destabilizzato la cultura europea di fine Ottocento. Il declino delle fondamenta razionalistiche della conoscenza, il tracollo del concetto di verità oggettiva, lo smarrimento della percezione unitaria del soggetto.
Segue un suo progetto di vita, impegnativo come energia, ma in fondo semplice nell’ispirazione, con quella schiettezza senza fronzoli né compromessi che è fiero di trasferire anche ai vini
Tutto sembrava congiurare contro la stabilità dello strumento da sempre deputato a esprimere la relazione dell’uomo con la realtà: il linguaggio. Qualcosa del genere deve essersi ripetuto, a poco più di un secolo di distanza, nel contraddittorio mondo del vino. Tramonto dei protocolli enologici, oblio delle surmaturazioni, agonia dell’appassimento, svendita delle barriques. E nello stesso tempo: destrutturazione dei tradizionali paradigmi degustativi, decadenza del sommelier, abiura della concentrazione, riabilitazione della scorrevolezza. C’è il fondato sospetto che la fortuna del Ciliegiolo non sia così indifferente ai rivolgimenti di un simile scenario. Lo chiediamo ad Alessandro Paciacconi, macchinista di ferrovia e responsabile con il padre Franco della piccola produzione targata Sandonna. Ma Alessandro non si sbilancia: lui non ama le mode del vino, né la sua mondanità. Segue un suo progetto di vita, impegnativo come energia, ma in fondo semplice nell’ispirazione, con quella schiettezza senza fronzoli né compromessi che è fiero di trasferire anche ai vini. Ci torna in mente Gianmaria Testa, il cantautore piemontese che era rimasto in ferrovia fino quasi al quarantesimo compleanno, per non dover scendere a compromessi commerciali quando scriveva le sue canzoni. Testa amava il vino, ma non sopportava la bolla mediatica che lo aveva imprigionato: «Mio padre comprava le uve barbera, le meno care; si faceva una prima spremitura, da tenere per gli ospiti, e poi una seconda che si allungava con l’acqua. Ne veniva fuori il Vinot. Rosa, leggero, ce lo davano da piccoli per merenda col pane e lo zucchero». Sarebbe piaciuto, a Testa, il Ciliegiolo di Sandonna: per la spontanea succosità, che non rinuncia al dettaglio aromatico rifinito, e lascia cogliere l’accuratezza e la precisione degli artigiani più coscienziosi. E gli sarebbe piaciuto berlo, anche senza allungarlo con l’acqua.