TUCUCA ROSATO
RICCARDI REALE

N

ella nostra ultima trasferta a Olevano Romano abbiamo trascorso alcune ore molto intense in compagnia di Lorella Reale e Piero Riccardi. Era una giornata speciale: c’erano vini da assaggiare per le strade del paese, incontri con i produttori, degustazioni a tema, libri di cui discutere insieme agli autori, in una spontanea, felice alternanza di momenti spensierati e occasioni di riflessione. Tra le curiose alchimie che il vino propizia, una delle più coinvolgenti ha a che vedere proprio con questo virtuoso cortocircuito permanente tra festa e convegno, popolare e colto, materiale e immaginario. E il bello è che non ci si deve per forza schierare da una parte o dall’altra, anzi: «Esiste un solo vino», come ama ripetere Sandro Sangiorgi. Quasi a ricordarci che l’ambizione di separarne il profilo sensoriale da quello cerebrale è sempre destinata a degenerare in velleità, a mancare il bersaglio. La storia di Lorella e Piero sta lì a dimostrarcelo. Filosofa lei, studiosa del movimento femminista nonché scrittrice e autrice di documentari; reporter lui, autore e regista Rai di lungo corso, che ha firmato servizi per il miglior giornalismo d’inchiesta televisivo, da Mixer a Report, nutrendo sempre un forte interesse critico per l’agricoltura e per l’alimentazione, cui ha anche dedicato un recente libretto (Riprendiamoci il cibo, Ecra 2015). Stando al curriculum, li si potrebbe agevolmente rubricare tra gli intellettuali pentiti e riconvertiti alla campagna. E invece no. Ci è bastato trascorrere poche ore insieme per capire quanto, intrecciate in un’unica, generosa dimensione umana, convivano in loro sia l’istanza critica che l’urgenza di sporcarsi le mani. Nel reinventarsi viticoltori biodinamici nelle terre del Cesanese, non è che abbiano dismesso l’intransigenza di studiosi e di reporter, al contrario l’hanno perfino potenziata.

Tra le curiose alchimie che il vino propizia, una delle più coinvolgenti ha a che vedere proprio con questo virtuoso cortocircuito permanente tra festa e convegno, popolare e colto, materiale e immaginario

Produrre, creare, dare vita: esiste forse qualcosa che renda più liberi al mondo? Il rosato Tucuca sintetizza a suo modo questo percorso: reca nel nome le iniziali dei tre figli, Tullia, Curzio e Cassia, con un disegno del piccolo Curzio come etichetta; proviene dalle vigne di cesanese piantate su suoli vulcanici; e lascia fluire nella cremosa spontaneità del sorso un invito a riprenderci il piacere del vino, benessere del corpo e nutrimento della mente, unico e totalizzante. In piena libertà.