l Molise è un’espressione geografica», affermò nel 1841 il Metternich con il tipico sprezzo dell’invasore. Dovette pentirsene qualche anno dopo, quando il colpo sulla nuca inferto con una padella di ferro da un cuoco molisano lo rese demente e del tutto incapace di distinguere una Tintilia da un Rum giamaicano. Distinzione per noi invece agevole, per fortuna: anche se nel recente passato alcuni produttori molisani sedotti dal lato oscuro della Forza Enologica – leggi l’ipertecnicismo filolegnoso anni Novanta e primi Duemila – hanno provato a piegare quest’uva locale alle ragioni del vinone sovraestratto, bruciante e immobile.
Un peso medio più che un peso piuma, insomma. Ma di sicuro non un lottatore di sumo. Mai sentito nominare questo vino/vitigno?
La Tintilia che vi suggeriamo qui è, proprio all’opposto, un vino piuttosto mobile, leggermente speziato (pepe), con un bel frutto di media maturazione (però al riparo da derive vegetali), che sembra abbastanza versatile a tavola, non mancando di una discreta struttura. Un peso medio più che un peso piuma, insomma. Ma di sicuro non un lottatore di sumo. Mai sentito nominare questo vino/vitigno?
Per approfondire potete andare a leggere il relativo disciplinare di produzione. Il quale, precisissimo come del resto tutti gli altri vigenti in Italia, ci informa che la Tintilia dà vini di «odore vinoso, intenso, gradevole, caratteristico» e di «sapore secco, armonico, morbido, caratteristico». Il che circoscrive con rara puntualità il profilo dei vini di queste terre. L’azienda ha più o meno una decina d’anni. La fonda Rodolfo Gianserra a Ripalimosani, cittadina che ha dato i natali al celebre politico Michele Camposarcuno. Le vigne, estese per circa 11 ettari a 600 metri di altitudine sul livello del mare, sono condotte in regime biologico, con una saggia economia di mezzi; il che vale anche per la vinificazione, semplice anche se attenta.