ll’appassionato di vino che volesse riconciliarsi con parole-chiave quali bevibilità e golosità in terra di Puglia, consigliamo un giro dalle parti di Gioia del Colle. Possibilmente dopo aver letto le pagine ispirate che a questo territorio ha dedicato uno dei nostri colleghi più sensibili e preparati, che non a caso proprio a Gioia è nato, circa quarant’anni fa: Francesco Falcone. Dobbiamo infatti al talento di Francesco gli approfondimenti più coinvolgenti sul Primitivo di queste contrade. E se oggi mostriamo anche noi un minimo di consuetudine con quell’amalgama di sapidità e mineralità, di note ferrose e quasi “rugginose”, di esuberanza fruttata e speziata che innerva le migliori riuscite del Primitivo di Gioia del Colle, il merito va senz’altro riconosciuto agli avvincenti racconti delle trasferte d’assaggio di Francesco nelle sue terre natali. Racconti che, nel suggerire gli indirizzi delle aziende più affidabili, sono sempre rivolti a interpretare la relazione tra la personalità dei vignaioli e la temperatura emotiva dei vini più felici. E non usiamo a caso il verbo interpretare, perché chi scrive di vino sembra per contro il più delle volte aver già trovato questa relazione, prima ancora di cercarla e di indagarla. Ecco perciò il disco rotto dei vini riservati come il loro produttore, ambiziosi come lui (o lei), espressivi come lei (o lui), e via così secondo una logica del sillogismo votata alla legittimazione del luogo comune più banale, se non proprio del pregiudizio più gretto. Prendiamo ad esempio un pioniere del Primitivo di Gioia come Nicola Chiaromonte: ritrovare l’energia, la concretezza, la generosità dell’uomo anche nel vino è equazione troppo elementare, ancora sprovvista di un’autentica dignità interpretativa.
Ritrovare l’energia, la concretezza, la generosità dell’uomo anche nel vino è equazione troppo elementare. Diverso è rintracciare nei suoi rossi lo scrupolo di precisione esecutiva, la misura della focalizzazione aromatica
Diverso è rintracciare nei suoi rossi lo scrupolo di precisione esecutiva, la misura della focalizzazione aromatica, come Francesco ci ha insegnato a fare. Ora poi che una nuova importante porzione di vigna è stata annessa alla proprietà, c’è da credere che avremo altri buoni motivi per aprire ulteriormente questa relazione al fattore territoriale, e considerarla in tutta la sua complessità. Almeno così ci è parso assaggiando la prima annata del Kimìa Rosato da uve pinot nero: un vino nella cui tensione gustativa ritrovi tutta la grinta minerale dei terreni sassosi, l’assetto verticale di contrada Monte a quota 400, il contrasto delle violente escursioni termiche, la scodata salina delle forti brezze di mare. Il tutto racchiuso in un sorso leggero, proprio come (non) te lo aspetti.