BLATTERLE
RIELINGER

La bulimia consumistica della nostra epoca ha un tratto paradossale: invasati come siamo nella smania del mero possesso, crediamo di acquistare e di conquistare, e invece non ci accorgiamo di quante perdite andiamo accumulando. In questo senso, l’agricoltura è un terreno privilegiato per registrare il vasto inventario dei beni perduti, proprio mentre ci si squaderna davanti una pletorica abbondanza da sovrapproduzione. «Mai in passato i banchi dei mercati sono stati così traboccanti di verdura, di legumi, di frutta. Un’opulenza abbagliante che però maschera un grave processo di impoverimento generale». È sotto gli occhi di tutti, ma il documentato disincanto di uno storico dell’agricoltura come Piero Bevilacqua ci aiuta a focalizzare meglio la portata del paradosso. Ed evidenzia che l’abbondanza in bella mostra è spesso solo di quantità, non di varietà. Pensiamo alla frutta, che è forse il bene agricolo più familiare ai consumatori. Le mele e le pere, come anche le susine e le ciliegie che mangiamo correntemente, quelle che dominano il mercato, si esauriscono oggi in quattro, cinque tipologie, mentre fino a sessanta, settanta anni fa erano centinaia.
Un vitigno a bacca bianca, il blaterle, un tempo piuttosto diffuso in Valle Isarco e in Val Venosta, ma oggi pressoché estinto

A questa deriva depauperante non si sottrae neanche l’uva, decimata in pochi decenni nel suo straordinario repertorio di varietà locali, in larga parte ormai abbandonate e disperse. È il caso di un vitigno a bacca bianca, il blaterle, un tempo piuttosto diffuso in Valle Isarco e in Val Venosta, ma oggi pressoché estinto. Tra i pochi vignaioli che continuano a crederci, accanto al bravo Heinrich Mayr di Nusserhof, ci piace segnalare il lavoro di Matthias Messner, già conferitore della cantina sociale della Valle Isarco, che dal 2011 si è messo in proprio. Oltre a gestire un piccolo agriturismo con annessa trattoria, Matthias è membro dell’associazione di contadini biologici Bioland, e va giustamente orgoglioso del suo BLATTERLE (qui le “t” diventano due): un bianco affilato e teso come pochi, senza nessuna velleità di complessità né di completezza, ma portatore sano di personalità. Se oggi come ieri la varietà è una componente intrinseca della bellezza, a vini così schietti e originali non vorremmo rinunciare mai.