essun collegamento, né diretto né indiretto, con la nota – e rispettabilissima – azienda Niedermayr di Cornaiano. Questo nucleo produttivo si trova sopra San Michele Appiano, a ridosso del massiccio roccioso del Gandberg, ed è da annoverarsi tra i primissimi ad aver abbracciato una viticoltura biologica in Alto Adige (e in Italia in generale). Dalla metà degli anni Ottanta del secolo scorso Rudi Niedermayr, il padre dell’attuale titolare Thomas, rinuncia a pratiche invasive nei campi e individua un complesso percorso di integrazione delle diverse attività del maso, favorendo la biodiversità e azzerando l’impiego di fertilizzanti. Le vigne sono a 500 metri di altitudine e ospitano principalmente uve resistenti ai patogeni fungini (conosciute con il curioso acronimo di PIWI), varietà sviluppate a partire dalla fine dell’Ottocento incrociando viti europee e viti di altre aree del pianeta – soprattutto americane, ma dagli anni Cinquanta del secolo scorso anche asiatiche – per contrastare la devastante epidemia della fillossera.
Questo nucleo produttivo si trova sopra San Michele Appiano, a ridosso del massiccio roccioso del Gandberg, ed è da annoverarsi tra i primissimi ad aver abbracciato una viticoltura biologica in Alto Adige
Essendo tutti vini da buonissimi a eccellenti, siamo stati a lungo indecisi su quale etichetta segnalare nel libro: il magnifico Pinot Bianco T.N.
76, un vino che “valentineggia” sotto molti aspetti gusto-aromatici? Il sorprendente bianco macerato (ma attenzione, qui macerato non fa rima con conformato: il vino è originalissimo) Abendrot? Alla fine optiamo per il Piwi Weiss, ottenuto dalla sconosciuta varietà souvignier gris: un bianco di
prodigiosa energia, incredibilmente luminoso e contrastato, pieno di succo, dal finale lunghissimo e di cristallina purezza. Un raro
conseguimento.