VERMIGNON
TENUTA LENZINI

Ci sono nomi più delicati di “Vermignon” nel mondo del vino: quasi tutti, in verità. Dice: ma è una crasi di Vermentino e Sauvignon, e così già dal nome uno sa cosa aspettarsi. Ok, d’accordo: non ci resta che sperare che nessuno tiri fuori un giorno il “Pecoratto” o il “Turbocacchio” (Pecorino e Catarratto; Turbiana e Cacchione). Scherzi a parte, abbiamo assaggiato questo vino prima di chiederne il nome, ed è partita da lì, constatata la sua bontà trascinante, una ulteriore indagine sul progetto che lo ha generato. Il Vermignon – che peraltro sfoggia un’etichetta assai bella – è uno dei cinque vini, e l’unico bianco, prodotti da una tenuta agricola sulle colline lucchesi, nell’anfiteatro naturale di Gragnano, un autentico cru. Abbiamo scoperto che la Tenuta, che porta il nome del moderno fondatore, Franco Lenzini, apparteneva nel XV secolo al lucchese Giovanni Arnolfini, il mercante eternato insieme a sua moglie Giovanna Cenami in uno dei massimi e più enigmatici capolavori del Quattrocento, opera di Jan van Eyck. A ben guardare, anche oggi, dopo quasi sei secoli, la Tenuta è in mano a una giovane coppia: quella formata da Benedetta Tronci, nipote del fondatore, e Michele Guarino, suo marito. Il fulcro della produzione è nell’idea che sta dietro: nel 2007, i due ragazzi hanno abbracciato, seguiti dalla preziosa, consapevole voce di un pioniere come Saverio Petrilli, la filosofia biodinamica di conduzione agricola, stravolgendo i protocolli precedenti.

La Tenuta apparteneva, nel XV secolo, al lucchese Giovanni Arnolfini, il mercante eternato insieme a sua moglie in uno dei massimi e più enigmatici capolavori del Quattrocento

L’obiettivo, parole loro, è «la vitalità del terreno, perché è il terreno il punto di partenza»: nessuna concimazione o prodotti di sintesi, ma semine e sovesci, per la trasformazione del terreno in una specie di organismo vivo. E questo percorso, a differenza della struttura individuale, “nucleare”, immaginata ai suoi tempi da Steiner, è condiviso; dal 2016 la Tenuta fa parte, con un’altra dozzina di aziende, della rete Lucca Biodinamica, per la messa in comune delle esperienze e delle riflessioni sul tema. E il Vermignon, dunque? Presto detto: è un bianco di perfetta precisione e carattere risoluto, fatto solo in acciaio; vivido al colore come ai profumi (nespola, salvia, rosmarino e gesso), ha sorso dritto filato, chiuso dal dilagare di una freschezza quasi balsamica.