MONTECUCCO VERMENTINO LA TREGGIATA
LE CALLE

Acirca vent’anni dal riconoscimento della Doc (luglio 1998), Montecucco resta un territorio di cui non si parla quasi mai. Anche tra gli appassionati, pochi sanno collocarlo sulla carta geografica, e del resto non è affatto ovvio: siamo sì a sud di Montalcino, ma il clima risente della vicinanza del Monte Amiata ed è perciò influenzato da correnti ed escursioni termiche che ne definiscono un profilo più nordico.

Analogamente, nelle tante piccole aziende a carattere familiare che ne compongono il tessuto produttivo, la vigna si è raramente imposta come monocultura, coabitando per contro con ulivi e arnie, seminativi e bestiame. E questo è per più aspetti un bene: il paesaggio conserva l’originaria varietà, i viticoltori una più forte identità agricola e i vini sono spesso caratterizzati da una maggiore spontaneità d’espressione. Come nel caso dell’azienda della famiglia Catocci. Dei settanta ettari di superficie complessiva solo sette sono destinati a vigneto: la cantina convive con gli asini amiatini e le pecore di razza appenninica, la vigna con l’oliveto, i legumi con i cereali.
Tutta la produzione è certificata bio, miele e olio compresi. E anche dai vini è agevole risalire a una materia prima sana e saporita, di qualità superiore. Certo, va messo in conto che tra i degustatori con la matita rossa e blu qualcuno alzerà il sopracciglio, perché una lieve velatura aromatica può talvolta rappresentare qui, specie nei rossi, il fisiologico correlato di tanta fragranza nel sapore. Ma tutto non si può avere: se invochiamo la spontaneità espressiva come un valore, poi non possiamo pretendere vini profumati di detersivo; e in ogni caso una sana quota di selvatichezza aromatica va intesa come un antidoto spesso utile – se non addirittura prezioso e necessario – a non abbassare la guardia di fronte all’ammiccante, subdola pervasività degli aromi più sintetici e artificiosi.

Il paesaggio conserva l’originaria varietà, i viticoltori una più forte identità agricola e i vini sono spesso caratterizzati da una maggiore spontaneità d’espressione

Niente di artificioso invece nel corredo di questa Treggiata, un bianco da uve vermentino a cui la breve macerazione sembra aver giovato: il tatto è più cremoso e avvolgente, il timbro agrumato dei profumi meno prevedibile e consolatorio, e il carattere di macchia mediterranea porta con sé una vitalità di rosmarino che fa quasi più pensare a un Vermentino di Corsica. L’energia mediterranea arriva fin sotto l’Amiata.