Il dialogo tra letteratura critica e concreta esperienza di assaggio non sempre si svolge nel segno delle conferme, anzi. Ci sono territori a proposito dei quali le letture stimolano una certa idea di vino, suggeriscono una precisa linea interpretativa, ma in degustazione qualcosa non torna. Così all’inizio del nostro rapporto con il Verdicchio di Matelica, diverse ere geologiche fa, avevamo decisamente perso la bussola. Più leggevamo di un territorio orientato nord-sud e pertanto precluso all’effetto mitigante delle brezze marine, con influssi appenninici sul paesaggio e sul clima, temperature mediamente più basse, brusche escursioni termiche, più ci sembrava che i vini convocati a rappresentare al meglio l’identità di Matelica fossero per contro spesso dei bianchi alcolici e surmaturi, più larghi che tesi, più avvolgenti che reattivi. Strano. C’è voluto qualche anno perché questa prospettiva critica ritrovasse una più adeguata corrispondenza con i vini assaggiati, e l’incontro con il Collestefano di Fabio Marchionni ha giocato per noi in questo senso un ruolo senz’altro importante. Finalmente un Verdicchio di Matelica che rendeva giustizia al profilo verticale e innervato di freschezza acida che era raccontato nei testi. E che longevità! Sulle stesse frequenze di maggior coerenza rispetto al modello gustativo legittimamente accreditato in letteratura, ci è parso sintonizzarsi in queste ultime versioni anche il Verdicchio Gegè che Gabriele Benedetti ricava dalla vigna del Fornacione.
Un omaggio di Gabriele a suo padre Eugenio, che lo ha iniziato alla passione per il vino. E proviene da due ettari di un vecchio vigneto, piantato nel 1962
Teso, dinamico, reattivo, tutto giocato sulla spontanea schiettezza sapida, Gegè è un omaggio di Gabriele a suo padre Eugenio, che lo ha iniziato alla passione per il vino. E proviene da due ettari di un vecchio vigneto, piantato nel 1962. Da qui è ripartito Gabriele al momento di reimpostare il lavoro in azienda, circa dieci anni fa, quando il Fornacione era a rischio espianto: si è messo di traverso, e ne ha fatto il fiore all’occhiello della Cavalieri. In seguito sono arrivate la certificazione bio, i vini non filtrati e in tempi più recenti anche l’ingresso nel consorzio Terroir Marche. Col senno di poi, Gabriele ha avuto ragione. E se il potenziale di invecchiamento di Gegè si fa di anno in anno più promettente, per scolare la bottiglia non serve per forza aspettare.