Che bel nome per una cantina, Candidaterra. E in effetti, la terra a Ventotene è candida, e in molti sensi diversi. L’isola è un vulcano, e le sue spiagge sono candidi paradisi in cui l’azzurro lambisce sfarinate di sabbia chiara. È “candida” come terra da vino, in quanto fino a oggi immacolata: non vi si è fatto praticamente che vino per autoconsumo, in genere dal forte timbro artigianale. È “candida” per l’anima leale dei confinati politici: Spinelli, Pertini, Amendola, Terracini, Camilla Ravera.
E perché Ventotene è la terra devota a Santa Candida, che ne è la patrona: l’affollata processione del 20 settembre allunga una stagione che qui climaticamente dura oltre otto mesi. Ma Ventotene non è un posto facile: l’inverno si svuota, mancano fisicamente le cose da fare, il lavoro, il confronto, si diradano i collegamenti marittimi, cosicché i ragazzi se ne sono andati quasi tutti. È il comune più meridionale del Lazio, più o meno alla latitudine di Ostuni: una goccia di lava nel mediterraneo, tartassata dal sole. Che ne potesse arrivare d’emblée un bianco di freschezza glaciale, dal bouquet di agrumi sottile e preciso come un laser, non era prevedibile. Il progetto Candidaterra è partito quattro anni fa: il giovane Luigi Sportiello, ventotenese, aveva vent’anni quando suo padre Modesto ebbe l’idea di “legarlo” all’isola, anziché vederlo andar via come i suoi coetanei.
È ‘candida’ come terra da vino, in quanto fino a oggi immacolata: non vi si è fatto praticamente che vino per autoconsumo
L’avvio di un’attività di produzione vitivinicola è stato favorito dall’incontro con l’enologo Vincenzo Mercurio, e il progetto ha preso forma; sono state scelte varietà, protocolli e tempi di lavoro. Il 2016 è così stato il primo imbottigliamento non solo di un nuovo vino, ma di un vino nuovo; nuovo per la fisionomia nervosa e tonica che ha, che non ha riscontri nel sud regionale. Si chiama come i greci battezzarono l’isola, Pandatària, “colei che dona più degli altri”, e si beve che è una meraviglia. Una perla, bianca candida.