Il movimento italiano del vino naturale annovera vari vini che, nella letteratura enoica contemporanea, possono essere definiti vin de garage. Il termine, che può apparire bislacco a un non-esperto della materia, ha quasi trent’anni: lo coniò Michel Bettane per definire alcuni straordinari Bordeaux prodotti in quantità minime, come Le Pin e, anni dopo, Château Valandraud. I produttori di queste bottiglie da caccia al tesoro, di solito care arrabbiate – e che a volte si rivelano autentiche gemme – prendono il nome di garagistes. Ma come regolarsi quando a proporre tali vini è un garagista in senso proprio, cioè uno che lavora per davvero in un garage, come Pascal Cotat a Sancerre, o in un ex garage, come Giovanni Iannucci? Supergaragiste? Garagiste2? Garagaragiste? Fate voi. A noi resta da parlarvi di Giovanni Iannucci, e lo facciamo volentieri, perché il suo bianco – di stile “macerato” – è uno dei vini campani che negli ultimi anni hanno magnetizzato la nostra attenzione. Giovanni, classe 1985, opera in un contesto, le colline di Guardia Sanframondi, dove la vigna è onnipresente, ma i piccoli produttori sono rari. Vi produce due vini e mezzo. Ci spieghiamo meglio. Due sono regolarmente imbottigliati, e sono uno più squisito dell’altro, la Barbera del Sannio detta Costa delle Viole e la Falanghina del titolo, chiamata Campo di Mandrie: un vino dal colore arancio chiaro luminoso, dal gran profumone di ginestra e susina, sapidissimo e impeccabile al sorso: una bella sintesi di istinto e riflessione.
Opera in un contesto, le colline di Guardia Sanframondi, dove la vigna è onnipresente, ma i piccoli produttori sono rari. Vi produce due vini e mezzo
La macerazione riguarda circa il 60% delle uve – percentuale variabile a seconda dell’annata – e la maturazione avviene in contenitori di acciaio, cemento e legno esausto. E il “mezzo”? È un Trebbiano da uve “botrytizzate” (cioè attaccate dalla “muffa nobile”), tirato in così poche bottiglie che per assaggiarne un sorso occorre rispondere a un quiz in russo sull’opera di Dostoevskij, superare il test di ammissione all’Area 51 e pilotare da Benevento a Capri un Triplano Fokker del 1918. Però chi ha superato la gimkana ci ha detto che è buonissimo pure quello.