CIRÒ BIANCO
SCALA

Dobbiamo a un amico, Gaetano Saccoccio, la scoperta e la lettura di un fenomenale diario di viaggio, Vecchia Calabria, di Norman Douglas, datato 1915 e stampato all’epoca in Italia, guarda un po’, dalla Giunti Martello. Nel racconto del nobile viaggiatore inglese, scritto in una lingua evocativa quanto lineare, ci si immerge con meraviglia in panorami primigeni, che gli apparvero esotici senza avere nulla di eccentrico. Il contesto agricolo descritto da Douglas a magiche pennellate, più che comunicare arretratezza, riletto oggi trasmette un che di arcaico, di autenticamente, classicamente “greco”. La fatica contadina dello sfidare una terra «stracotta» ed eventualmente accettarne la rovina stagionale «senza una parola di lamentela» – parole dell’autore – contiene inoltre in sé la più alta qualificazione del lavoro agricolo, anche quello di vigna. Quella che tocca ai produttori del Cirò di oggi, dunque, non è una sfida nuova: è un confronto con un passato che sussiste, che non va inventato o infiorettato di aneddoti a uso turistico o, come si dice oggi, a fini di storytelling. Il vino di Cirò è bevanda buona, rito arcaico ed eredità culturale, anche se ha dovuto rinnovarsi; a una tipologia come il Cirò Bianco, per esempio, non si pensa mai quando la mente va alla denominazione, celebre invece per i suoi rossi tenaci, salati e terrosi. Ma anche nel piccolo mondo del bianco cirotano possono farsi scoperte interessanti, che assecondano in pieno la vocazione ambientale. Per esempio, questo di Luigi e Francesco Scala, vignaioli figli di vignaioli, che hanno potuto operare una revisione delle etichette semplicemente ripescando quelle d’inizio attività, col gusto di allora. Sono bellissime, e sin dall’aspetto indirizzano “contromano” rispetto alle tendenze attuali i vini che le portano.

Il contesto agricolo descritto da Douglas a magiche pennellate, più che comunicare arretratezza, riletto oggi trasmette un che di arcaico, di autenticamente, classicamente ‘greco’

Il Cirò Bianco, che proviene da due ettari a Greco di vent’anni di età, ha insomma del coraggio: basso di grado, lieve nel colore, austero ai profumi, nei quali una nitida traccia floreale si fonde a un’evocazione puntuale della macchia marina spontanea; delicato infine nel dipanare la sua trama di sapore, nel tocco lieve di una punta di sale.