I TESORI MISCONOSCIUTI D’ALSAZIA

Qualche anno fa scrissi dell’impossibilità di trovare un vino che si accompagnasse agli asparagi. Non ero ancora andato in Alsazia, e non avevo ancora pranzato con Olivier Humbrecht e con sua moglie scozzese, Margaret, nel giardino del Domaine Zind-Humbrecht. Margaret, che ha una notevole somiglianza con Téa Leoni, si scusò per la semplicità del pasto, che consisteva in asparagi bianchi locali appena raccolti e speck – una specialità del posto – mentre Olivier, abbastanza corpulento da avere un proprio microclima, stappava un paio di Muscat Zind-Humbrecht del 1990 (che nelle sue gigantesche zampe parevano mezze bottiglie). A quanto pare, in Alsazia tutti sanno ciò che stavo per scoprire: che gli asparagi e il moscato alsaziano sono due compagni affiatati. E la maggior parte dei critici di vini e di sommelier sa che i bianchi dell’Alsazia sono più versatili e armonizzabili alle vivande di quelli di qualunque altra regione al mondo, sebbene non abbiano ancora convinto di ciò il consumatore medio americano.

L’Alsazia ha sempre avuto un piccolo problema d’identità, essendo situata al confine tra Francia e Germania, che se la sono contesa per secoli. È per molti aspetti un mondo a sé, un lembo di terra teso da nord a sud e costellato di cittadine medievali che sembrano uscite direttamente dalle fiabe dei fratelli Grimm, separato dalla Francia dai Vosgi e dalla Germania dal Reno. È l’unica grande regione vinicola francese dove i vini siano etichettati in base ai vitigni – i più importanti dei quali sono Riesling, Gewürztraminer, Pinot Gris, Pinot Blanc e Moscato.

Qui si producono oceani di vinello andante per i supermercati d’Europa, ma diverse dozzine di piccoli domaine offrono vini complessi e tipici della zona capaci di maturare per decenni. Gli intenditori discutono fino a tarda notte i meriti di Ostertag, Kreydenweiss, Boxler, Beyer, Dirler, Barmès Buecher, Trimbach, Hugel, Marcel Deiss e Schlumberger. Tutti questi domaine producono grandi vini. Quanto a me, basti dire che mi venne la pelle d’oca quando imboccai il vialetto d’accesso alla tenuta Zind-Humbrecht, nella periferia della cittadina di Turckheim.

Domaine Zind-Humbrecht è il posto ideale per cominciare una storia d’amore con i vini alsaziani, perché ne produce praticamente tutti i tipi – trentacinque diverse cuvée nell’annata ’99 – quasi la metà dei quali viene esportata su queste sponde. È anche una vetrina per la vinificazione artigianale e naturale; sebbene non lo ostenti, Zind-Humbrecht, come vari suoi vicini – compresi i pionieri Barmès Buecher e Ostertag – aderisce rigorosamente ai princìpi biodinamici, una forma radicale di agricoltura biologica. Nel caso vi piaccia l’idea di un vino privo di sostanze chimiche che viene nutrito con le ceneri di ali di farfalla.

La famiglia di Olivier Humbrecht coltiva la vite da dodici generazioni; nel 1974 suo padre, Léonard Humbrecht, smise di vendere le uve alla cooperativa locale e cominciò a comprare altri vigneti e a produrre i propri vini. Dopo un periodo nell’esercito e un anno a Londra, dove conobbe quella che sarebbe diventata sua moglie, Margaret, a una fermata dell’autobus su Kings Road, Olivier tornò all’azienda di famiglia, ereditando più di cinquanta vigneti diversi in Alsazia. Come un padre indulgente, Olivier ritiene che il proprio lavoro consista nel fare un passo indietro e lasciare che questi terreni parlino per sé. Potrei citare sei produttori di Chardonnay di Sonoma i cui vini si assomigliano tra loro più di una mezza dozzina di cuvée di Riesling di Humbrecht, ognuna delle quali esprime il suolo del suo vigneto, fermentata dai propri lieviti autoctoni.

“Tra vent’anni faranno uno Chardonnay standardizzato ovunque,” si lamentò Olivier, l’unica volta in cui lo vidi accigliarsi in quelle cinque ore. “Tra vent’anni ci saranno solo due ceppi di lieviti.” Eccetto, probabilmente, in Alsazia. Qui lo Chardonnay è contro la legge. Il Riesling, in grado di invecchiare per decenni, è considerato da molti il vitigno più nobile d’Alsazia, e tende a essere un po’ più ricco e robusto del corrispettivo tedesco. È anche, come molti di noi ritengono, il più versatile vino da tavola del mondo; anche se, naturalmente, alcuni abbinamenti sono più sublimi di altri. A Olivier piace il suo Riesling Herrenweg Turckheim insieme al cibo cantonese e ai fagottini di riso con carne e verdure; consiglia il Gewürztraminer per la cucina vietnamita e thai. Tipico dell’Alsazia, il Gewürztraminer è un’uva ricca, impetuosa e fragrante che sopraffà alcuni palati; d’altro canto, è il complemento ideale di sapori forti come quello del curry e dello zafferano. Il terzo vitigno nobile dell’Alsazia è il Pinot Gris – che a me fa spesso l’effetto di un cugino fumoso del Riesling, e che sia Olivier sia il suo vicino André Ostertag consigliano per accompagnare l’anatra alla pechinese. (Il Pinot Blanc, molto più leggero, si sposa meglio ai frutti di mare.)

I tre nobili vitigni vengono fatti solitamente fermentare fino a diventare relativamente secchi. Tuttavia, in certe annate il bel tempo permette ai coltivatori con vigneti ben esposti di lasciare uve selezionate sulle viti per produrre speciali vini da Vendange Tardive (o vendemmia tardiva) con una maggior maturazione e quantità di zuccheri. Questi vini ricchi si pongono a metà strada tra quelli secchi e quelli da dessert. Un Pinot Gris da vendemmia tardiva è eccellente con il foie gras, meno stucchevole del Sauterne ordinario, mentre un Gewürztraminer da vendemmia tardiva è il perfetto accompagnamento di un formaggio di Munster. Ci sono annate, anche se piuttosto rare, in cui il tempo consente la produzione di sublimi vini da dessert ottenuti da una vendemmia estremamente tardiva, i Sélections de Grains Nobles (SGN). Questi vini dolci si evolveranno per decenni. Quanto ai vini più secchi – ho appena cominciato a bere quelli del ’99, anche se erano già squisiti appena imbottigliati. Ieri sera ho stappato un Gewürztraminer Cuvée des Seigneurs de Ribeaupierre di Trimbach, che ha avuto uno splendido dialogo con i miei gamberetti all’aglio alla Sichuan.