Negli otto anni in cui ho scritto di vini, non sono mancati gli incontri con perfezionisti ossessivi – Angelo Gaja, Helen Turley e Michel Chapoutier sono i primi a venirmi in mente. Ma non ho mai conosciuto qualcuno di più fanatico nella sua attenzione ai dettagli di Fernando Remírez de Ganuza della Rioja. Remírez de Ganuza ha l’espressione accorta del maneggione che si è guadagnato da vivere comprando dai suoi vicini piccoli appezzamenti di vigneto per poi rivenderli, finché non si è lasciato sedurre, decidendo di tenersi le vigne migliori e di avviare un’azienda vitivinicola. Ha una corporatura massiccia che ricorda quella del giovane Raymond Burr, la stazza di chi pare amare la tavola più dell’esercizio fisico, e saggiamente insiste affinché i suoi vini vengano assaggiati insieme al cibo. All’Asador Alameda, nella città di Fuenmayor, versa il frutto di cinque annate diverse per accompagnare un’orgia di portate multiple culminante nella costata di un bovino di ventiquattro anni – il proprietario ci mostra il certificato di nascita dell’animale. “Ne ordiniamo un’altra?” Mi domanda Remírez de Ganuza dopo aver pulito il primo piatto di carne. “Sì,” rispondo. Questa carne rara, bruciacchiata, vecchia è forse la più saporita che abbia mai mangiato, e c’è dell’altro vino ad accompagnarla. Ogni annata è completamente diversa – l’eterea vendemmia 2000, che fa quasi pensare a un Borgogna, la potente 2001, più simile a uno Châteauneuf – mostrano in differenti proporzioni il contenuto di una cassettina per le spezie con chiodi di garofano, salvia, cannella e balsamina.
Tutti coloro con cui ho parlato nella regione della Rioja mi hanno detto di andare a trovare Remírez de Ganuza, anche se lui non apprezza molto i vini altrui. Anzi, sostiene di aver da poco cominciato a gradire il proprio, prodotto per la prima volta nel 1991; ammette di riconoscere il valore di una buona annata di Latour, e di Vega Sicilia, la veneranda tenuta di Ribera del Duero.
Avevo già sentito dire in un paio d’occasioni che il terzo inferiore del grappolo d’uva, la punta, è leggermente meno maturo di quello superiore, che riceve più luce solare. Ma prima di andare a trovare Remírez de Ganuza non avevo mai incontrato qualcuno che la recidesse. Oltre a essere meno matura, spiega Remírez de Ganuza, tende a contenere una maggior quantità di polvere e zolfo. Dopo averla sciacquata con il mosto in fondo al tino di fermentazione, Remírez de Ganuza vende questa parte indesiderata del grappolo ai vinificatori della Rioja meno pignoli. Solo la parte superiore del grappolo va nel suo vino più pregiato, il reserva, che a partire dal ’98 è stato uno dei vini della Rioja più complessi e potenti. Ma ancor prima di arrivare nella sua cantina, a Samaniego, le uve vengono sottoposte a un processo di selezione in due fasi. Vendemmia per prime quelle esposte a sud che ricevono più luce solare, tornando qualche giorno dopo per cogliere le altre.
Quando giunge il momento di pigiare le uve Remírez de Ganuza, che un tempo faceva il progettista industriale, usa un sistema di propria invenzione: inserisce una sorta di gigantesca bouillotte di gomma e la riempie gradualmente d’acqua. Le uve vengono così premute con dolcezza, evitando di frantumare gli amari vinaccioli, e il vino ha il minor contatto possibile con l’ossigeno – che fa invecchiare il succo d’uva proprio quanto fa invecchiare noi.
Per quante attenzioni vengano profuse nel vigneto e nella cantina, non si può evitare che una percentuale compresa tra il cinque e il sette percento delle bottiglie venga rovinata da sugheri contaminati dal TCA, un composto che si sviluppa nel tappo e che conferisce al vino il gusto di cartone ammuffito. E così Remírez de Ganuza non si limita ad andare di persona dai produttori, ma ordina partite di prova da cinquecento tappi, per cuocerli in un piccolo barattolo di vetro pieno d’acqua nel forno del suo laboratorio. I tappi infettati dal TCA tradiscono la propria identità emanando un lezzo nel momento in cui viene rimosso il coperchio. Se più di tre dei cinquecento tappi sono contaminati, ricomincia da capo, ordinandone un’altra partita. Queste attività da scienziato pazzo si svolgono per lo più nella bella cantina di pietra sotto la sua casa nella minuscola città medievale di Samaniego. La casa sembra vecchia di secoli, ma in realtà è stato lo stesso Remírez de Ganuza a progettarla; è stata eretta con le pietre che ha acquistato da una vecchia azienda vitivinicola dei paraggi. “Le vecchie cantine sono troppo umide,” spiega, “e non puoi controllare l’umidità.” Nella misura in cui è possibile, non lascia niente al caso.
Questa attenzione al dettaglio non è certo la norma nella Rioja, anche se negli anni novanta si è assistito a una rivoluzione in questa zona, con molte nuove bodegas artigianali come quella di Remírez che hanno portato l’uva Tempranillo a nuove altezze espressive. Nuovi produttori come Allende, Artadi, Remelluri e Roda hanno reinventato il concetto di vino della Rioja e trovato ammiratori in tutto il mondo, mentre aziende più vecchie come Muga e Sierra Cantabria iniziavano a produrre vini potenti e fruttati oltre ai più tradizionali reservas e gran reservas. Questi ultimi, invecchiati in botte per almeno due anni e in bottiglia per altri tre, evocano alla mia mente la biblioteca di una vecchia casa, col profumo di volumi rilegati in pelle e fumo di pipa, uno stile rappresentato fedelmente da López de Heredia, il cui metodo di vinificazione non è affatto cambiato rispetto al 1870, quando la Rioja salì alla ribalta dopo la devastazione dei vigneti di Bordeaux a opera della fillossera.
Remírez de Ganuza scalpita di fronte ai tempi di affinamento richiesti dal vecchio stile. I suoi vini possiedono in parte quegli stessi accenni di cuoio e tabacco, insieme a una miscela di spezie, ma anche nelle annate meno felici sono pieni di frutta – ribes nero, susine, amarene, così come quelle prugne secche che ti danno a Chinatown. È come se avesse messo un enorme impianto stereo nella vecchia biblioteca e affiancato sugli scaffali García Marquez a Cervantes. Per quanto mi riguarda, sono felice di vivere in un’epoca che offre entrambi gli stili, e in cui c’è spazio per fanatici come Fernando Remírez de Ganuza.