MONTANARI
I fratelli Smith di Smith-Madrone

La temperatura precipita mentre compio la ripida ascesa a Spring Mountain sull’Explorer a noleggio; la foresta di sequoie diventa più fitta, umida e verdeggiante, minacciando di invadere gli stretti tornanti della strada. Mi è difficile credere di essere a soli tre chilometri dall’arido fondovalle e da St. Helena, il borgo che assomiglia a un’elegante boutique. Quando raggiungo la cima del Mayacamas Ridge e seguo una pista profondamente solcata fino alla tenuta Smith-Madrone, ho la sensazione di aver viaggiato indietro nel tempo, fino a una Napa Valley anteriore alla caduta, un paradiso selvaggio con un viale di trasandati e giganteschi ulivi e isole di viti – un’impressione ulteriormente rafforzata dalla vista del montanaro barbuto su un vetusto trattore che mi guarda in tralice, quasi fossi appena atterrato da un altro pianeta, e poi si allontana scoppiettando senza proferir motto.

Avevo deciso di venire qui dopo esser stato ribaltato da una bottiglia dello spettacolare Riesling Smith-Madrone del ’97. Non avevo mai sentito parlare della tenuta, ed ero rimasto sinceramente sbalordito dal fatto che un Riesling americano, per non parlare di uno della calda Napa Valley, potesse avere un gusto così complesso – come un grande Riesling austriaco del distretto di Wachau. Mentre mi gelavo le chiappe sulla cima di Spring Mountain all’inizio di ottobre, cominciai a capire l’idea del Riesling (è un’uva da climi freddi). Mi avevano detto che la tenuta produceva anche Cabernet e Chardonnay, e a prezzi che nella Napa Valley non si vedevano dai tempi di Reagan. Smith-Madrone è un anacronismo da vari punti di vista, e spero ardentemente che non entri mai a far parte dell’avanguardia.

Alla fine dallo sgangherato fienile emerge un altro sosia di Grizzly Adams e si presenta come Stuart Smith. Il taciturno guidatore del trattore, mi spiega, è suo fratello Charlie. “Siamo qui dal ’71,” dice Stuart. “Mi sono laureato alla Berkeley e sono venuto qui. C’era una rivoluzione in atto. E stava cominciando anche una rivoluzione enogastronomica. Volevamo partecipare.” Quel poco del suo volto che non è coperto dalla barba è molto abbronzato, e indossa una camicia di flanella che ha l’aria di non esser mai stata lavata nell’ultimo decennio. Alcuni macchinari sparsi per la tenuta sembrano progettati da Rube Goldberg. Per un attimo immagino che lui e il fratello siano rimasti nascosti qui dall’era del Vietnam, vivendo dei frutti della terra, una fantasia che si sgonfia solo quando accenna alla sua famiglia a St. Helena, ai piedi del monte. Nonostante ciò, non c’è dubbio sul fatto che i fratelli Smith, giunti qui solo qualche anno dopo che Mondavi aprì bottega nel fondovalle, siano pionieri, e che abbiano un terroir molto caratteristico.

“Non esiste una vera e propria Spring Mountain,” spiega Matt Kramer nel suo libro New California Wine. “Si tratta di un termine colloquiale usato nella Napa per indicare una parte dei monti Mayacamas a metà della valle, appena a nord e ovest di St. Helena. Il nome deriva dal gran numero di sorgenti e torrenti sul fianco della montagna.” Stuart dice che le viti vi furono piantate per la prima volta intorno al 1880 – hanno trovato vecchi pali di legno tra le sequoie e i corbezzoli. La prima grande azienda di Chardonnay californiano, Stony Hill, fu fondata qui negli anni cinquanta del Novecento, proprio sotto la proprietà che adesso si chiama Smith-Madrone. La vicina Pride, relativamente una nuova arrivata sul crinale, sta producendo robusti Cabernet e Merlot che hanno ottenuto ottimi punteggi. Nel frattempo, i fratelli Smith si sono costruiti un fedele seguito con rossi e bianchi dal prezzo contenuto, ma senza attirare troppo l’attenzione delle riviste enologiche.

Se i Riesling fossero più di moda, questa tenuta sarebbe famosa. Lo Smith-Madrone viene da un vigneto non irrigato di due ettari e mezzo. (“Se le irrighi, le viti non maturano in modo naturale,” dice Stuart.) Già delizioso in gioventù, con la sua esplosione di aromi di mela verde e pesca, col tempo sviluppa una straordinaria profondità e complessità. Quello del ’97 è ancora giovanile e vibrante, con un aroma di pietra focaia, mentre quello del ’93, che Stuart ha stappato con il coltellino svizzero dopo aver rovistato nel fienile sgangherato che funge da cantina, ha un sapore di torta di mele con un rinfrescante schizzo di limonata, una spruzzata di zucchero e un fondo di mineralità. “Il Riesling è fatto per essere invecchiato,” dice Stuart, “e lo Chardonnay per essere bevuto.” Smith-Madrone produce anche un ottimo Chardonnay, più fruttato ma meglio bilanciato con l’acidità della maggior parte degli Chardonnay della Napa Valley.

Spring Mountain è nota soprattutto per i suoi Cabernet, e quelli di Smith-Madrone ne sono ottimi esempi, con la straordinaria profondità e il tannino tipici della zona e un’ombra di aneto, la firma delle botti in rovere americano. Stuart dice che hanno cominciato con queste botti per ragioni economiche, dal momento che il rovere francese è molto più costoso. Faccio notare che gli amici del Cabernet Silver Oak sono felici di pagare tra i sessanta e i cento dollari per il gusto del rovere americano. Stuart scuote il capo con aria critica, facendo cadere alcune gocce di Cabernet dai baffi che gli coprono il labbro superiore. “Pensiamo che trentacinque dollari siano una bella cifra per una bottiglia di vino,” dice. “Forse siamo pazzi. La gente fermava mio figlio Sam per strada a St. Helena e gli diceva, ‘Dovete far pagare di più i vostri vini.’ Ma poi, dopo l’11 settembre, mentre tutti cominciavano a incontrare difficoltà a vendere, noi abbiamo avuto la nostra annata migliore.”

Quando mi svegliai il mattino dopo nella mia camera d’albergo a Yountville mi domandai addirittura se non avessi sognato l’intera visita a Smith-Madrone – i fratelli orsini, il crinale selvaggio, gli ulivi ipertrofici, i prezzi inverosimili, l’ambrosia dell’anomalo Riesling. In seguito ho ricevuto conferme del fatto che era tutto vero, e mi sono chiesto tormentosamente se questa informazione andasse condivisa con i miei lettori. Vi consiglio di mettervi nella loro mailing list prima che i fratelli Smith si rendano conto che siamo nel ventunesimo secolo.