IL LIBRO DEI SOGNI BACCHICI
La carta dei vini a La Tour d’Argent

Il libro sul vino più stimolante che abbia letto negli ultimi anni è senza dubbio la carte des vins del La Tour d’Argent, il rinomato punto di riferimento parigino su quai de la Tournelle nel terzo arrondissement. Fondato nel 1582, il ristorante è famoso per la vista sulla Senna che si gode dalle sale al sesto piano riservate ai clienti d’élite, e per la sua caneton pressé, o anatra al torchio, il cui milionesimo esemplare è stato servito un passato aprile con grandi celebrazioni. Personalmente ho consumato l’anatra n. 999.426, come dimostra la cartolina commemorativa che ho conservato. Per quanto mi riguarda, il numero più eccitante è tuttavia il mezzo milione di bottiglie custodite nella cantina del ristorante. Il documento di due chili e mezzo che cataloga queste ricchezze è pornografia pura per i maniaci del vino.

Il custode di tale patrimonio è David Ridgway, un inglese con venticinque anni di servizio al La Tour d’Argent, che mi fa pensare a un Bob Hoskins nelle vesti del sommelier francese. È difficile credere che chiunque non abbia l’età di Matusalemme possa aver assaggiato tutti i vini di questo elenco, per non parlare del ricordarne ciascuno in modo perfetto e dettagliato, ma dopo averlo interrogato per qualche ora la scorsa primavera sono incline a pensare che questo sia il caso di Ridgway. I suoi modi, al nostro primo incontro, sembravano coniugare un certo riserbo britannico a un gallico orgoglio istituzionale che rasentava l’alterigia. (No, non vi stringerà la mano dicendo: “Ciao, sono Dave.”) Dopo un’oretta, cominciai a intravedere l’ardente fanatismo del vero iniziato al culto di Bacco.

Era il pranzo di Pasqua; avevo intenzione di assistere alla messa domenicale a Notre-Dame, ma fui scoraggiato dalla calca. Fortunatamente, dal mio tavolo si godeva di un’eccellente vista sulla cattedrale, e riuscii a sentire le campane, anche se non l’omelia. Il pasto, con il suo accompagnamento di vini, fu tuttavia qualcosa di molto vicino a un’esperienza religiosa.

Il mio amico e io fummo accolti dal compianto proprietario Claude Terrail, un ottuagenario che indossava un impeccabile completo di Huntsman e calzava pantofole viola con le dita tagliate via in modo da lasciar vedere i suoi calzini, creando un effetto d’insieme che appariva emblematico della sua personalità pubblica, nella quale la cerimoniosa formalità si univa all’autoironia. Terrail parlava di Clark Gable ed Ernest Hemingway come se fossero appena usciti dalla sala. Quella domenica i clienti erano soprattutto famiglie parigine e turisti americani; per noi, le grandi star erano giù in cantina.

Con un certo tipo di cliente – ricchi collezionisti americani che vengono con lo specifico intento di saccheggiare bottiglie di Coche-Dury e di Henri Jayer, per esempio, nei negozi di rarità della Borgogna – non è difficile immaginare che il sommelier Ridgway tenga le proprie opinioni per sé. “A volte gli americani sono un po’ ossessivi,” dice. “Ma quando si rilassano si rivelano spesso tra i più informati.” E se non lo sei, Ridgway mostra il suo lato più benevolo. Quando un americano a un tavolo vicino osserva che la carta dei vini è scoraggiante, Ridgway dice: “È per questo che sono qui,” nel tono del medico che rassicura un paziente. “Mi dica quanto vuole spendere,” è l’indicazione che domanda con franchezza al novizio. E se la vista di Ridgway in smoking vi intimidisce, tenete a mente che quest’uomo mi ha detto che la cosa che più gli piaceva della scuola era ubriacarsi a fine semestre.

Se escludiamo il Porto, la cantina del La Tour d’Argent contiene esclusivamente vini francesi, con un occhio di riguardo per il Borgogna, la più eterea ed estrosa di tutte le bevande. La carta si apre con un centinaio di pagine (non sono numerate) di vin de Bourgogne rouge, tra cui ventitré annate di Romanée-Conti a partire dal 1945 e dieci di Cros Parantoux di Jayer, compresa quella del 1990 a quattrocentodieci euro. Questi sono alcuni dei motivi per cui i segugi del Borgogna di tutto il mondo saltano su un aereo per passare un weekend a Parigi. I cacciatori di affari come me troveranno una vasta selezione di Borgogna maturi a un prezzo contenuto, come il Volnay Pousse d’Or Clos de La Bousse d’Or a centocinque euro, o il Savigny les Beaune aux Serpentières Ecard per novantaquattro euro, verso i quali fui delicatamente indirizzato da Ridgway.

“Il Borgogna mi entusiasma più di qualunque altro vino,” dice Ridgway, rilassandosi dopo pranzo con un bicchiere di Armagnac del 1947 nel suo minuscolo ufficio senza finestre giù nelle labirintiche cantine sotto quai de la Tournelle. “È il più vitale.” È anche un relativo affare dato che lo acquista direttamente dai domaine, una cosa che non è possibile con il Bordeaux per via del suo consolidato sistema di rivenditori. Ogni lunedì Ridgway e il suo staff visitano una diversa regione vinicola per degustare e scovare nuovi tesori.

La stupefacente collezione di bianchi di Borgogna (Lafon, Coche-Dury, d’Auvenay, Raveneau) fornisce centinaia di abbinamenti possibili per le classiche chenelle di luccio. Vedendomi scegliere questa prima portata, Ridgway mi convinse a prendere un Puligny-Montrachet Calleirets Drouhin, tutta carne melata intorno a un nucleo di calcare. La caratterista anatra al torchio, un intruglio estremamente ricco, ancienne cuisine – la salsa è ispessita dal sangue di anatroccoli di tre settimane – trova probabilmente il proprio complemento più ovvio in uno dei migliaia di vini di Bordeaux o del Rodano della carta, come un Meyney del ’75 a centotrentasei euro o un Beaucastel dell’81 a centottantaquattro. Per un’occasione speciale, c’è il Pétrus del ’47 (più di quattordicimila euro) o il Mouton del ’61 (quasi novemila euro). Se volete mangiare l’anatra e bere Borgogna avrete senz’altro bisogno del consiglio di Ridgway. Ciò vale a maggior ragione se prendete l’anatra all’arancia, un piatto infido per i rossi secchi, anche se qui ne viene servita una versione meno dolce che altrove.

La dedizione che La Tour d’Argent riserva al piacere del bevitore di vino si riflette in modo forse più chiaro nel numero di bottiglie che non sono disponibili per un consumo immediato; le annate recenti e acerbe sono elencate senza prezzo, accanto alla frase en vieillissement. Ovvero stanno maturando. Volete bere un Bordeaux del ‘96? Dovete aspettare. La Tour D’Argent è uno di quei pochi ristoranti al mondo che “non vendono vino prima del tempo”, come direbbe Orson Welles. Mi piacerebbe trovare un ristorante americano di cui poter dire lo stesso.