Nascosto nell’estremo angolo nordorientale dell’Italia, tra le Alpi e l’Adriatico, al confine con Austria e Slovenia, il Friuli è un’anomalia. Fino al 1918 faceva parte dell’Impero austroungarico, e la sua cucina sembra più slava che latina. Qui la pasta tende verso i ripieni, e burro e lardo sono diffusi almeno quanto l’olio d’oliva. La prosperità del Friuli si basa in parte sulla produzione di sedie e, in modo crescente, di vino. Per il momento non c’è alcun monumento a quest’ultimo, ma è possibile ammirare la sedia più grande del mondo sulla strada tra Cormons e Udine – una visione inquietante e surreale se ci si imbatte all’una del mattino dopo una serata di baldoria alla Frasca, la trattoria del produttore di vini Valter Scarbolo e moglie. Sebbene offra dei rossi interessanti, il Friuli è noto tra gli amanti del vino soprattutto come fonte dei migliori bianchi italiani, il più caratteristico dei quali è il Tocai Friulano.
I vini friulani, a differenza della maggior parte dei vini europei, vengono battezzati a seconda del vitigno delle loro uve. Per via della propria complicata storia e del clima favorevole alla vite, il Friuli ospita molti vitigni francesi e tedeschi, per esempio Riesling, Sauvignon Blanc e Chardonnay, così come uve locali, tra cui Ribolla, Picolit e Malvasia. La maggior parte delle aziende vitivinicole friulane produce monovarietali così come “super-white” da uvaggio. Se si eccettua la Valle della Loira, il Friuli è forse il posto migliore d’Europa per il Sauvignon Blanc; per molti produttori il punto di riferimento è tuttavia il Tocai – il figlio prediletto. La gente del posto comincia spesso la giornata con un bicchiere di Tocai, chiedendo a gran voce nel dialetto locale un tai di vin – e non solo per la colazione.
La storia del Tocai è oscura, e il suo nome sembra provenire dalla regione ungherese dove si producono vini da dessert da uve Furmint, ma i friulani lo usano per il proprio vitigno locale più caratteristico, che fornisce l’indispensabile complemento del salame e del prosciutto con cui qui comincia ogni pasto. In effetti, prosciutto e Tocai sembrano dar vita a uno di quei magici matrimoni nati dalla terra stessa, come Sancerre e chèvre, o Chablis e ostriche. Sorseggiando un Tocai di Zamò nella minuscola Enoteca Lavaroni del paesino di Manzano, con un tagliere di prosciutto artigianale di Lorenzo d’Osvaldo, ho sperimentato uno di quei satori sensoriali per cui vivono i buongustai. I friulani insistono sulla superiorità del San Daniele locale rispetto al prosciutto di Parma, ma il Tocai si comporta molto bene con entrambi, così come con lo speck, il prosciutto spagnolo, quello della Virginia e quasi tutte le cose grasse, affumicate e salate. E questo solo per quanto riguarda gli antipasti. Come si conviene a un’uva nata così vicino all’Adriatico, il Tocai è anche da sogno con il pesce.
“Il Tocai è un vino fresco, ma ha anche il suo peso sul palato,” dice Morgan Rich, responsabile dei vini al Del Posto di New York, sulla cui carta figura quasi sempre una dozzina di Tocai friulani. L’aroma di pesca del Tocai è bilanciato da una tonificante acidità di limone e da note minerali. Può far pensare a un incrocio tra Riesling e Sauvignon Blanc. Il Friuli si è fatto la sua reputazione con bianchi vivaci, rinfrescanti, fermentati nell’acciaio inossidabile, e la maggior parte dei produttori pensa sia meglio tenere il Tocai lontano dal legno, anche se sia Borgo San Daniele sia Miani ne offrono notevoli esempi maturati in botte.
“Il Tocai è senza dubbio uno dei grandi vini da pasto,” sostiene Joseph Bastianich, un americano di prima generazione la cui famiglia proviene dal Friuli. “È versatile e flessibile – puoi farne un vino giovane e fruttato che non ha bisogno di invecchiare, o un vino più importante che sa maturare.” Corpulento barone di un impero enogastronomico che comprende alcuni tra i più celebrati ristoranti italiani di New York, come Babbo e Felidia, Bastianich possiede un’eponima tenuta vitivinicola nella regione dei Colli Orientali del Friuli, dove produce un Tocai da vecchie viti cui mette il turbo con una sana dose di uve da vendemmia tardiva, colpite dalla botrite. Il Tocai Plus Bastianich, cresciuto sui ripidi pendii di Buttrio, è un perfetto esempio dello stile più grasso di Tocai – un Botero del vino – in grado di tener testa a piatti come lo stinco di vitello, e Bastianich ama berlo con formaggi saporiti. Il suo giovane enologo, Emilio Del Medico, produce un Tocai altrettanto ricco e possente, il Vigne Cinquant’Anni, nella vicina proprietà di Zamò, così come un più classico e leggero Tocai Friulano. La famiglia Zamò ha fatto fortuna costruendo sedie, e pare ne abbiano spesa una discreta fetta per una nuova cantina sotterranea computerizzata ai piedi della collina dove sorge l’antica Abbazia di Rosazzo.
I Tocai più complessi vengono dai vigneti di Collio e dei Colli Orientali, una sorta di intercapedine metereologica tra il freddo clima alpino e il caldo adriatico. L’altra area più importante è la valle dell’Isonzo, sulla quale la bora spira come aria condizionata, incanalandosi in un varco tra le colline. Qualche altro nome da seguire: Ronco del Gelso, Villa Russiz, Edi Keber, Polencic, Scubla e Marco Felluga.
Il modo migliore per avvicinarsi al Tocai è sedersi a un tavolo con una bottiglia e un tagliere di salame o prosciutto. Ma quasi tutti i pesci alla griglia sarebbero felici di far la conoscenza di questa versatile uva.