PARTE SECONDA
“OGNI VINO VORREBBE ESSERE ROSSO”

LE CANTINE FAI-DA-TE DI SANTA BARBARA

Negli ultimi anni la fantasia archetipica di aprire una piccola azienda vitivinicola è diventata sempre più fantastica: nella Napa Valley il prezzo per avviare un piccolo vigneto con cantina è stimato tra i sette e i dieci milioni di dollari e le licenze dell’ATF2 necessarie per creare nuove aziende vitivinicole sono più rare di una bottiglia magnum di Screaming Eagle. Lungo la costa della contea di Santa Barbara ci sono però dozzine di nuove, minuscole cantine fai-da-te che operano all’interno di capannoni e magazzini in zone industriali situate nelle campagne, e paiono moltiplicarsi come i Kennedy. Se il Pinot Noir è diventato la più affermata stella della regione, queste nuove aziende fanno soprattutto Syrah nei loro capannoni di alluminio – in parte per necessità, dato che le buone uve Pinot si sono fatte scarse e costose, e in parte per una sincera fede nel suo grande potenziale in questa zona, grazie al lavoro pionieristico di Rhône Rangers3 come Alban e Qupé.

Questa è la tipica storia del vinificatore artigianale della contea di Santa Barbara: cominci a lavorare nella cantina di un’azienda più grande e impari i trucchi del mestiere – la regione, i vigneti e i coltivatori. Alla fine chiedi un prestito ai parenti e dai fondo alla carta di credito per prendere in affitto un capannone, compri qualche vasca e qualche tonnellata di uve Syrah, disegni un’etichetta e fai il tuo vino. Spartisci attrezzatura e segreti del vino con gli amici. E nel frattempo ti tieni stretto il tuo posto come dipendente.

Un esempio classico è Kenneth-Crawford, l’azienda avviata nel 2001 da Joey Gummere e Mark Harvath. (Il nome del marchio consiste nell’unione dei loro secondi nomi.) “Mark e io ci siamo conosciuti nelle cantine della Babcock,” mi ha raccontato poco tempo fa Gummere. “Capisci perché le cose fatte su scala ridotta possano essere molto migliori.” Gummere è poi passato alla Lafond, un’altra azienda vitivinicola di medie dimensioni, prima di unirsi a Horvath nel 2001 per produrre quattro botti di Syrah da uve di due vigneti piuttosto interessanti all’interno della denominazione delle Santa Rita Hills, Lafond e Melville. Adesso, con la vendemmia 2005, hanno prodotto quindicimila casse – un bel po’ per gli standard delle cantine fai-da-te. Un paio d’anni fa, quando andai a visitarla, la Kenneth-Crawford si spartiva un capannone di poco più di duecento metri quadrati con Jason Drew, un altro enologo formatosi alla Babcock, che ha aperto Drew Family Cellars, ossia Cantine della Famiglia Drew (immagino suoni meglio di Capannone della Famiglia Drew) nel 2001 e da allora in poi ha prodotto splendidi mostri rossi.

Benjamin Silver, dell’omonima Silver Wines, individua nel 2001 l’annata spartiacque per i nuovi enologi senza terra; fu allora che un gran numero di vigneti non legati ad aziende vinicole cominciò a produrre Syrah in quantità sufficienti a venderlo. “Questo diede accesso a uve di vitigni del Rodano a noi ragazzi e ragazze più giovani,” spiega Silver. Alcuni di questi vigneti erano stati piantati nel ’95, quando il Syrah Zaca Mesa del ’93 aveva raggiunto il sesto posto della Top 100 di “Wine Spectator”, mentre le prime bottiglie di Sine Qua Non di Manfred Krankl attiravano l’attenzione sul potenziale del Syrah cresciuto nella contea di Santa Barbara. Silver, che all’epoca lavorava per Zaca Mesa, si è quindi dedicato al proprio marchio, che offre vari Syrah.

“Una volta facevo Pinot con il mio marchio, ma poi è diventato difficile procurarsi le uve,” dice Kris Curran, originaria di Santa Barbara, che è passata al Syrah dopo aver perso la sua fonte di Pinot per l’annata 2000. Kris Curran si è fatta un nome come produttrice del Sea Smoke, la nuova stella delle Santa Rita Hills. Fa il Sea Smoke e il Syrah Curran in una zona industriale di Lompoc, chiamato il “ghetto” dai produttori che vi si sono stabiliti. Il ghetto è la sede di una mezza dozzina di piccoli e ambiziosi produttori di Syrah, tra cui Steve Clifton della famosa azienda Brewer-Clifton, che fa Syrah con il marchio Alder, e Chad Melville, viticoltore dell’omonima ditta di famiglia e produttore di diversi Syrah con la moglie Mary sotto il marchio Samsara. Melville divide il suo capannone nel ghetto con tre amici: Sashi Moorman e Peter Hunken, che pagano l’affitto con il lavoro per Stolpman Vineyards, e Jim Knight, la cui famiglia è proprietaria di Wine House, un’enoteca di Los Angeles. Knight, ex batterista rock e topo da cantina della Lafond, produce un Syrah con il marchio Jelly Roll, mentre quello di Moorman e Hunken è Piedrasassi. (Non sarete già confusi, spero?) E insieme fanno un vino chiamato Holus Bolus. “Siamo tutti buoni amici,” dice Melville. “Abbiamo comprato le attrezzature e formato una società a responsabilità limitata. Il torchio e la diraspatrice costano da soli centotrentamila dollari. Nessuno di noi avrebbe potuto farcela da solo, ma insieme riusciamo a permetterci una buona attrezzatura.”

L’altro quartier generale del movimento del fai-da-te è il Central Coast Wine Services di Santa Maria, che fornisce attrezzature per la produzione del vino e servizi di magazzinaggio a molti degli enologi dal budget ridotto della Contea di Santa Barbara, compresi Benjamin Silver e Seth Kunin, un newyorchese trapiantato qui che ha mollato la facoltà di medicina per lavorare al Wine Cask di Santa Barbara, l’enoteca che è diventata il quartier generale della rivoluzione vinicola locale per quanto riguarda la vendita al dettaglio. Kunin ha fatto fermentare la sua prima partita di uve acquistate in un bidone del negozio per poi trovare lavoro nella cantina di Gainey Vineyard. Da appassionato della valle del Rodano settentrionale, era attratto dal Syrah, e adesso produce diversi Côte-Rôtie apocrifi con il suo marchio, conservando il lavoro ai Westerly Vineyards.

Si ha la netta sensazione che tale spirito comunitario, capacità di arrabattarsi e condivisione di esperienze facciano bene al vino. Da questi capannoni poco romantici escono alcuni grandi succhi d’uva, e per un prezzo medio di circa trentacinque dollari per un vino da singolo vigneto e a produzione limitata fanno sembrare spropositato il prezzo dei cosiddetti Cabernet di culto. La Contea di Santa Barbara nel primo decennio del ventunesimo secolo è una sorta di corrispettivo enologico della Silicon Valley degli anni settanta e della Parigi anni venti. Se volete entrare in qualcosa di molto interessante, iscrivetevi a qualcuna delle loro mailing list.