Devo ancora incontrare la fanciulla in questione, anche se secondo la descrizione della madre è una bruna bella, grintosa e ipersensibile – nel senso migliore del termine, naturalmente – tutte caratteristiche appropriate per chi ha un vigneto di Pinot Noir battezzato in suo onore. La diciassettenne Julia Jackson è la figlia di Barbara Banke e Jess Jackson, quello delle celebri cantine Kendall-Jackson. Ho avuto di recente la fortuna di cenare con la madre, la nonna e diversi uomini e donne che producono vini con le uve del Julia’s Vineyard, uno dei più vecchi vigneti della contea di Santa Barbara, situato all’interno della tenuta Cambria che i suoi genitori acquistarono nel 1987.
Situato a una ventina di chilometri dall’oceano, il Julia’s Vineyard si trova nella Santa Maria Bench che, insieme alle Santa Rita Hills a sud, si è dimostrata la zona migliore e più ricercata per il Pinot Noir nella contea di Santa Barbara. Il grosso delle uve del Julia’s Vineyard finisce nel Pinot Noir di Cambria, che fornisce finalmente una risposta alla domanda: “Esiste qualcosa come un buon Pinot da venti dollari a bottiglia distribuito a livello nazionale?” I Jackson vendono inoltre le uve di queste celebrate vigne a più piccoli produttori artigianali, per esempio Foxen, Silver, Hartley-Ostini (Hitching Post) e Lane Tanner. Assaggiare tutti questi vini uno accanto all’altro nella tenuta di famiglia dei Jackson, dall’altra parte della strada rispetto al vigneto, in compagnia dei produttori, è stata occasione per apprendere sulla vinificazione, sul terroir e sullo scrivere di vini, e per fare un’indigestione di stimoli sociali e sensuali.
Seduta alla mia destra c’è la padrona di casa Barbara Banke, l’anima di Cambria; mi fa pensare molto più a un premier cru di Bordeaux – lo Château Margaux, a essere precisi – che a un Pinot. Ex avvocato che argomentava davanti alla Corte Suprema degli Stati Uniti, Barbara Banke è regale e intellettuale, e al tempo stesso cordiale e accessibile (a differenza, per fare un esempio, del Latour). Il Julia’s Vineyard di Cambria, servito con un risotto alla zucca, mi è parso il più delicato e femmineo dei vari Pinot creati con le uve del vigneto nel 2002, un parere che ho in seguito confermato in una degustazione alla cieca, anche se è possibile che quella sera sia stato influenzato dall’aria amabile e birichina dell’enologa Denise Shurtleff, che mi ha ricordato Mia Farrow trentenne. Paragonandola al suo vino, mi sono reso conto di star incorrendo nella forma più rozza di suggestione che affligga chi scrive di vini: la tendenza a confondere i vinificatori e i loro vini.
Ma diavolo, la mia commensale Lane Tanner rese praticamente impossibile resistere alle facili analogie tra vino ed enologo. “Il mio vino è sostanzialmente l’altra,” disse la disinibita, schietta quarantenne, che compare sul proprio sito web distesa nuda in una vasca di fermentazione. “Non è certamente la moglie.” Anche se la ascoltai attentamente mentre spiegava che vendemmiava prima degli altri vinificatori delle uve del Julia’s – ciò spiegava il vivo fremito d’acidità –, la descrizione del proprio vino come della “amante perfetta, quella che abbordi in un locale,” mi colpì più delle faccende tecniche, e so che quando in futuro berrò i suoi Pinot, non sarà alla vendemmia anticipata e ai ventitré gradi Brix che penserò.
Gli enologi di Foxen (Bill Wathen) e Hitching Post (Gray Hartley e Frank Ostini) non poterono partecipare alla cena, e così il mio assaggio dei loro vini non fu influenzato da impressioni personali. E tuttavia provo un certo imbarazzo nel dire, riguardando i miei appunti, che trovai entrambi i vini più “mascolini” (nel senso stereotipato del termine) e strutturati del Cambria e del Tanner: una forte nota di bacon nel primo e un intenso odore di cuoio nel secondo. Lane Tanner, nel frattempo, spiegò di aver vissuto un tempo con Dick Doré, co-proprietario di Foxen Vineyard, sposato adesso con Jenny Williamson Doré, che quella sera sedeva alla mia destra, responsabile del marketing per la Foxen e un tempo in forze alla Cambria. E la Tanner è stata l’enologa dell’Hitching Post, il cui ristorante ha un ruolo di spicco nel film In viaggio con Jack di Alexander Payne, del quale quella sera parlavano tutti. Anche Hitching Post compra le uve dal Julia’s Vineyard. Capito?
Mentre ascoltavo Lane Tanner che passava in rassegna le unioni e le separazioni professionali e amorose delle valli di Santa Maria e Santa Ynez, la testa mi girava. Apprezzai Benjamin Silver, l’unico enologo maschio a tavola quella sera (i ragazzi di Hitching Post erano a New York per la prima di In viaggio con Jack), quando disse che per una questione di principio non usciva mai con un membro della comunità vinicola della valle, così unita e compatta, per non dire incestuosa. Il fanciullesco trentatreenne Silver, che vive nella Santa Barbara vera e propria, era chiaramente una sorta di beniamino dei pionieri del vino di Santa Barbara. Il suo Pinot era il più scuro, maturo e potente della serata; qualunque cosa accada nella sua vita sentimentale, gli posso predire un grande futuro come enologo.
Il mattino dopo, seduto sulla cima di una collina, contemplando il manto di nebbia che si ritraeva lentamente dalla Santa Ynez Valley più o meno alla velocità dell’annebbiamento mattutino dalla mia testa, riflettei sulla lezione della sera prima. Sapevo di aver scoperto un grande terroir per il Pinot. Tutti i vini possedevano una struttura e un equilibrio notevoli, e avevano in comune un certo qual aroma fumoso. La firma individuale degli enologi era però caratteristica almeno quanto quelle del terreno e del clima, il che non è affatto una brutta cosa, soprattutto quando gli enologi hanno una personalità così originale.