COLLINE NOVARESI VESPOLINA MARIA
FRANCESCO BRIGATTI

L’Alto Piemonte è, nel mondo del vino, quello che in un negozio di giochi è il puzzle. A volerne studiare per bene la diversità di ambienti, dialetti, tradizioni, matrici geologiche, si va incontro alla cefalea: in un rettangolo di meno di venti chilometri di altezza e meno di quaranta di larghezza si trovano ad esempio caoticamente incrociati terreni che originano da mari primordiali, arcaici supervulcani, ghiacciai alpini. E questo mondo profondo e sotterraneo – i porfidi, le terrazze moreniche, i calcari, le sabbie – si riflette in qualche modo nella stupefacente varietà dei vini prodotti in superficie. Ci sono aree oggi più fortunate e chiacchierate, altre trascurate, qualcuna inspiegabilmente. Alla seconda categoria appartengono alcuni comuni storici delle Colline Novaresi, che grandi vini li han sempre prodotti, e con uve diverse. È in uno di questi, a Suno, paesino di tremila abitanti che una antica canzone racconta siano tutti nati sotto una pietra errante venuta giù dal Monte Rosa, che vive e lavora Francesco Brigatti.

La zona è silenziosa e verdissima: il bosco di robinie si è rimangiato le sterminate vigne di un tempo, lasciando qua e là piccoli spazi per colture, qualche gruppuscolo di case coloniche un po’ scrostate, un’eredità di nomi storici di vigneto tanto suggestiva quanto inservibile. Anche il padre di Francesco, Luciano, faceva il vino; qualcuno dei suoi tre bellissimi nipotini continuerà la serie. La più piccola si chiama Maria, e ha occhi e sorriso che commuoverebbero un lanzichenecco: a lei è dedicato questo vino, come lei sorridente, brillante e vitale. È ottenuto da un’uva nera tipica del posto, la vespolina, di cui c’è qualche pianta nelle vigne dette Möt Ziflon, dove predomina il nebbiolo, e Mottobello, buona anche per le uve bianche locali come il greco novarese, nome locale dell’erbaluce. Anzi, a essere precisi il nome locale dell’erbaluce ha un suono così secco, ruvido e sonoro che si può usare per spaventare i corvi; provate: «grèc!». Come esige la letteratura legata alla Vespolina, anche questa ha un colore concentrato e luminoso, in gioventù addirittura bordato di fucsia. Profuma di fiori, frutti di bosco e spezie come il coriandolo e il pepe nero a un metro e mezzo dal bicchiere, e ha bocca che da un impatto morbido e quasi delicato muove verso un’impressione più soda e riservata, ma sempre con la stessa, spontanea generosità nel sapore.


Anche il padre di Francesco, Luciano, faceva il vino; qualcuno dei suoi tre bellissimi nipotini continuerà la serie.
La più piccola si chiama Maria: a lei è dedicato questo vino, come lei sorridente, brillante e vitale